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Spettri pomeridiani…

Anche io posso dire di aver visto i fantasmi? Non si trattava di una notte buia e tempestosa, né di un vecchio maniero stregato squassato da lampi di luce, ma due volte li ho visti, e per due volte era un assolato pomeriggio estivo!

Da bambino, quando ancora abitavamo nella vecchia casa campidanese dei miei nonni, ricordo che nei lunghi pomeriggi delle calde estati di un tempo, mia madre voleva che riposassi a letto qualche ora. La mia camera era attigua a quella dei miei genitori e con essa comunicante tramite una porta che d’estate restava semichiusa per far circolare un filo d’aria. Non c’era mai buio in camera, perché lasciavo sempre gli scuri socchiusi e filtrava quel tanto di luce che si poteva almeno leggere un fumetto con poco sforzo della vista.
Uno di quei pomeriggi mentre ad occhi aperti fantasticavo guardando il soffitto, accadde di udire dei rumori metallici provenire dal vecchio armadio scostato un po’ sulla sinistra del letto. Era lì una figura, come la sagoma di un uomo fatta di un’ombra piena, densa, d’un nero scuro che non rifletteva la luce, né lasciava ombre intorno, e, con un metro di metallo, di quelli che si arrotolano da soli, era intento a misurare l’armadio in diversi punti. Ricordo che fui preso dal panico e rimasi immobile e muto per lo spavento per diversi secondi. Forse passò un minuto, o forse più d’uno, ma nel silenzio assoluto del pomeriggio estivo quel rumore svegliò infine mia madre, che mi disse di star buono e dormire. Finalmente una voce amica pensai, e mi voltai in direzione della camera di mia madre e le dissi che non ero io a fare quei rumori, ma non mi riuscì di dirle pure quello che vedevo in camera mia. Poi più niente. Il rumore cessò improvvisamente e con esso sparì anche la strana figura.

Un’altra volta mi capitò di vederli, a distanza di molti anni. Negli anni dell’Università preparavo gli esami con una mia collega; studiavamo a casa sua in cucina perché era ben illuminata dalla luce del giorno, durante il pomeriggio. La cucina guardava sul salone tramite un’apertura, come quelle finestre larghe che si vedono nelle cucine dei telefilm americani.
Un pomeriggio accadde l’imprevisto. Mentre ripetendo guardavo distrattamente verso il salone, vidi passare per di là due figure luminose, che avanzavano con una naturale lentezza; una luce forte, certo più forte della luce del giorno, piena ma non abbagliante, disegnava le sagome di due persone e potei riconoscere un vecchio, con cappello e cappotto, ed una bambina con le codette che le spuntavano dalla testa. Camminavano a passi lenti e mi sembrò che stessero come parlando tra loro giacché si guardavano. Quando uscirono dal mio campo visivo, sentii la mia collega prendermi la mano e con aria un po’ divertita ed un po’ preoccupata per il mio spavento, ma per niente scossa per quello che era accaduto, mi chiese se li avessi visti. Non mi chiese che cosa avessi visto, ma se “li” avessi visti! Lei già sapeva! In seguito appresi che continuando a frequentare casa sua avrei potuto vedere anche il padre, la madre ed il fratellino della bambina con le codette, che di tanto in tanto si prendevano la licenza ed il gusto di aggirarsi per il salone di casa sua.