Press "Enter" to skip to content

La civiltà sarda

La civiltà sarda

Fornire una datazione precisa circa la comparsa dell’uomo in Sardegna non è ancora oggi possibile.
Fino a poco tempo fa, si era convinti che le più antiche tracce della presenza umana nell’isola risalissero al Neolitico antico (6000 a.C. circa). Tuttavia, la recente scoperta di uno scheletro umano, nell’ottobre 2011, presso la marina di Arbus (VS) , nella costa occidentale sarda, potrebbe portare alla revisione dei precedenti studi. Sembra, infatti, che lo scheletro risalga al Mesolitico, periodo di transizione tra il Paleolitico ed il Neolitico, e che avrebbe, se l’esame del Carbonio 14 lo confermasse, circa novemila anni.

In attesa che Amsicora (così è stato battezzato lo scheletro) ci riveli chi era, da dove arrivò e come visse il più antico insediamento umano in Sardegna, ci atterremo alla cronologia ufficiale, che documenta la presenza dell’uomo sul territorio a partire dal 6000 a.C. circa.

La storia della prima civiltà sarda si divide in “culture”.
Posto che una civiltà sia, per definizione, una comunità che si differenzia dalle altre perché in possesso di conoscenze tecniche che ne favoriscono la crescita a livello economico, sociale e culturale, una cultura rappresenta “l’insieme dei prodotti dell’attività umana di un gruppo sociale” , cioè le soluzioni adottate per risolvere i vari problemi che la vita, di volta in volta, poneva.
Questo comprende le ceramiche per conservare o cuocere i cibi, o utilizzate come sepolture, le tecnologie o le scienze.
Nello specifico, le culture che riguardano la storia sarda, e che nella maggior parte dei casi prendono il nome dal luogo in cui sono avvenuti i più importanti ritrovamenti, sono:

  • Grotta Corbeddu, Oliena (NU), 10000-6000 a.C. circa;
  • Filiestru-Grotta Verde, Alghero (SS), 6000-3800 a.C. circa;
  • Bonu Ighinu, Mara (SS), 4000-3500 a.C. circa;
  • San Michele o Ozieri (SS), 3400-2700 a.C. circa;
  • Abealzu Filigosa (la prima località è nei pressi di Osilo, in provincia di Sassari, mentre la seconda è nei pressi di Macomer, provincia di Nuoro), 2700-2500 a.C. circa;
  • Monte Claro (Cagliari), 2500-2000 a.C. circa;
  • Cultura del vaso campaniforme, 2000-1800 a.C. circa;
  • Bonnannaro (SS), 1900-1500 a.C. circa.

A partire dal 1800 a.C. si colloca, invece, la Civiltà Nuragica, il cui declino, nel 238 a.C., coincise con l’arrivo dei Romani sull’isola.
I rinvenimenti della Grotta Corbeddu di Oliena non furono, in realtà, accolti, in un primo momento, come testimonianze indubbie della presenza umana, sul territorio sardo, in un periodo storico precedente il Neolitico.
Presentati durante un Congresso sulla Preistoria nel Mediterraneo Occidentale, tenutosi nel 1983, essi consistevano in resti di cenere e carboni di focolari, misti ad avanzi di cibo; utensili litici e in ossidiana ; frammenti di terracotta neolitici, identificati come ceramica cardiale e della cultura di Bonu Ighinu; ossa di Prolagus Sardus ; varie ossa, fra cui il cranio con annesso l’intero parco corna, del cervo estinto Megaceros Cazioti.

In questo contesto verrebbe spontaneo pensare alla presenza umana all’interno della grotta, soprattutto se si considerano le tracce di combustione e cibo (per la precisione, si trattava di molluschi, pesci e crostacei, elementi estranei alla dieta del prolagus e del megaceros), ed il fatto che le ossa del cervo furono rinvenute quasi al centro della grotta, e sembravano essere state selezionate.

Tuttavia, secondo gli esperti, le prove presentate non furono sufficienti. La situazione cambiò solo due anni dopo, nel 1985, quando, all’interno della stessa grotta, si rinvennero resti di ossa umane (un osso temporale ed una mascella superiore) ed alcuni utensili in selce.
L’interesse suscitato da queste scoperte, culminò, nel 1988, con l’organizzazione, in Sardegna, del primo Congresso di ricercatori sul tema “I primi uomini in ambiente insulare” .

È importante sottolineare come i primi gruppi umani, per ripararsi dagli agenti atmosferici o come luogo di sepoltura, utilizzassero ciò che la natura mettesse loro a disposizione e, per questa ragione, usavano seppellire i propri defunti nelle grotte.
Le prime “costruzioni” furono opera della cosiddetta Cultura di Ozieri, che realizzò delle sepolture a camera scavate nella roccia (comunemente note col nome di domus de janas ).
In seguito, la civiltà nuragica riutilizzò le domus de Janas, costruendo, inoltre, un altro tipo di tombe: le monumentali tombe dei giganti , delle quali si parlerà nei prossimi capitoli.