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Il museo della Stregoneria a Bidonì

Il museo della Stregoneria a Bidonì

Era da tempo che volevo vedere il museo della Stregoneria di Bidonì, sin da quando ne lessi la storia in rete. Al periodo avevo preso contatti con uno scrittore milanese, appassionato di esoterismo, che aveva scritto alcuni racconti su Triora, il comune in provincia di Imperia, famoso per i processi inquisitoriali che li si tennero tra il 1587 e il 1589.

All’epoca, ormai ben oltre 10 anni fa, affascinati dai racconti su questo borgo incastonato tra i monti liguri e di come i suoi abitanti, complice sicuramente una amministrazione comunale lungimirante, fossero riusciti a creare un indotto turistico basato sulle storie stregonesche, pensammo con Andrea di proporre al comune di Villacidro (leggi qui) l’idea vincente di Triora.

Ahinoi ci accorgemmo che le amministrazioni comunali non sono tutte uguali e ricevemmo un secco NO dal sindaco del periodo, di cui non ricordo neanche il nome. Neanche ci fece esporre le nostre idee e ci liquidò sbrigativamente dicendoci che parlare di stregoneria a Villacidro equivaleva a mettere in cattiva luce il paese. Inutile dire che non tentammo neanche di parlare con il parroco.

Abbandonammo mestamente l’idea.

Fu in quel periodo che lessi di un sindaco di un piccolissimo comune del Barigadu chiamato Bidonì, di appena 150 anime, che attratto dalla stesa idea aveva messo in piedi il primo museo della stregoneria e sulla magia in Sardegna, “S’omo e sa Majarza“. 

Il signor Antonio Cossu era stato in visita a Triora ed era rimasto stupito del flusso turistico di quel piccolo paese. Nell’arco di due anni realizzò il museo ristrutturando lo stabile del vecchio municipio grazie ai fondi della legge regionale n°37 e vincendo l’iniziale scetticismo della popolazione locale.

Nella nostra visita siamo stati accompagnati da Daniel, presidente della Pro Loco del paese e da Rosa, vigilessa locale.
Ci avventuriamo tra le viuzze del piccolo borgo, tra le sue antiche case costruite in pietra per raggiungere il museo in via Monte 9.

All’ingresso ci troviamo davanti ad alcuni cippi funerari ed un grande pannello illustrativo ci racconta dei riti e delle divinità romane legate al culto dei morti.
Daniel ci racconta alcuni aneddoti legati ad una grossa pietra in particolare che pare induca delle sensazioni inconsuete ai visitatori più sensibili.

La mostra prosegue con la storia delle “Majarzas”, sopratutto donne dotate in realtà di conoscenze approfondite in campo fitoterapico ma non solo e per questo motivo osteggiate dal potere del periodo inquisitoriale, quello ecclesiastico, e giudicate donne dai facili costumi dedite ad una serie di nefandezze più disparate dagli stessi compaesani che contemporaneamente le cercavano per i loro saperi ancestrali.

Alcune stampe che troviamo sulle pareti riportano gli scritti del “Malleus Maleficarum”, il martello delle streghe, pubblicato nel 1487 dai frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer per dettare delle linee guida agli inquisitori su come estirpare la stregoneria, i culti pagani e le correnti eretiche. Il testo si diffuse dalla Germania in tutta Europa riportando i sistemi di tortura da applicare agli accusati, soprattutto donne.

Una delle più famose “streghe” sarde è stata Julia Carta, incarcerata e torturata nel carcere inquisitoriale di Sassari tra il 1596 e il 1606, condannata come strega ed eretica. Nel museo è stato ricreato un suo simbolico “antro” in cui possiamo vedere e leggere di pozioni, sortilegi e sistemi di cura di diverse malattie, malocchio e malefici che in Sardegna sono conosciuti come “mazzinas” o “fattugios”.

In una parete è possibile vedere una collezione molto particolare di amuleti in grado di proteggere il portatore da diverse influenze negative, da sventure di vario tipo come eventuali aggressioni con armi da taglio, ma anche per agevolare certi eventi e portare fortuna, favorire la montata lattea alle puerpere e tanto altro.

In una sala al primo piano della struttura è possibile vedere una riproduzione del carro dei morti  e della figura de sa Filonzana
Racconti legati al carro della morte sono presenti praticamente in tutta l’isola e sostanzialmente viene descritto come guidato dalla morte in persona o dal demonio come trasporto delle anime dei defunti, mentre sa Filonzana, maschera tipica del carnevale sardo, rappresenta la figura delle parche romane custodi del destino degli uomini.

Una mostra permanente sui personaggi fantastici della cultura popolare sarda, realizzata da Roberto Serri e descritti dalla studiosa Dolores Turchi, arricchisce ulteriormente il museo alla cui creazione hanno contribuito in modo rilevante studiosi del calibro di Raimondo Zucca, Annarita Agus e Tomasino Pinna.

Il museo è visitabile su prenotazione.
Per informazioni:
Comune di Bidonì, Tel: 078369044
Proloco Tel: 3294155081

Le foto della Gallery sono di Andrea Gambula