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Il pozzo della Luna

Foto di Pedro Lastra su Unsplash

Una volta ogni 18 anni e mezzo la Luna raggiunge la sua massima altezza sull’orizzonte. Allora a Paulilatino, in Sardegna, a mezzanotte l’astro di Diana si specchia sul fondo di un pozzo al quale si accede attraverso un’ampia gradinata costruita più di tremila anni fa con la stessa tecnica usata per le tombe di Agamennone e Menelao.

La determinazione delle diverse date dell’anno era estremamente importante per gli antichi popoli; per gli Egizi, ad esempio, l’anno iniziava quando Sirio sorgeva insieme al Sole e le stesse posizioni di levata e di tramonto della nostra stella, nei diversi giorni dell’anno, rappresentavano un efficace calendario. Molti antichi osservatori sono stati costruiti, spesso in modo monumentale, per determinare queste e altre complesse posizioni. La maggior parte delle ciclopiche costruzioni difensive dei popoli sardi, i nuraghi, avevano le aperture in corrispondenza del mezzogiorno; ma in molti dei settemila nuraghi rimasti erano dirette verso il punto di levata del Sole nel solstizio d’inverno e in alcuni casi anche verso il punto dell’orizzonte in cui, tra il 2000 e il 1000 a.C., sorgeva Rigil o Alfa Centauri, la stella più vicina alla Terra.

Per il fenomeno della precessione degli equinozi, oggi Rigil Kent (il piede del centauro), non è più visibile dalla Sardegna; sono tuttavia rimasti alcuni osservatori astronomici utilizzati all’apogeo della civiltà nuragica, per l’osservazione dei moti della Luna e onorarla con l’omaggio più prezioso: una fonte di acqua perenne. Si tratta dei cosiddetti pozzi sacri, o pozzi della Luna, sul fondo dei quali il nostro satellite si specchia una volta ogni 18 anni e 6 mesi, alla mezzanotte dei giorni tra la fine di dicembre e i primi di gennaio.

Molto interessante è il pozzo di S. Vittoria, sulla Giara di Serri, il ritrovo comunitario dei popoli nuragici, da frequentare in pace, mentre perfettamente conservato è il pozzo di S. Cristina presso Paulilatino Si tratta di una grande cavità a forma di bottiglia con il foro abbastanza piccolo che affiora in superficie. Una grande scalinata porta al fondo, dove, da una sorgente naturale, sgorga l’acqua. In superficie, tutto intorno al pozzo, un grande recinto ovale in pietra ne racchiude un altro a forma di esedra, al centro del quale si trova il foro (spesso le architetture nuragiche uniscono alla regolarità dei moti celesti il sacro dono dell’acqua, preziosa per gli uomini, gli animali e l’agricoltura). L’orientamento della scalinata è tale che il Sole, circa tremila anni fa, agli equinozi di primavera e d’autunno, illuminava il fondo del pozzo. Si può quindi dire che il pozzo era una specie di osservatorio astronomico lunare e solare e chi lo ha progettato aveva delle notevoli nozioni di astronomia.

Cerchiamo ora di immaginare, in un bosco di lecci dell’attuale Paulilatino, una serena e fresca notte d’inverno di circa tremila anni fa: è capodanno ed è anche l’inizio di un nuovo ciclo astronomico. Un’austera sacerdotessa della Luna, avvolta in abiti regali e adorna d’oro sfavillante, a mezzanotte, sotto lo sguardo del popolo raccolto nel recinto, attraversa l’ingresso e scende la scalinata di pietre squadrate, arrestandosi sul fondo in attesa di essere avvolta dalla luce della luna piena; poi, attraverso l’invisibile acqua trasparente, guarda le pietre e le erbe sul fondo del pozzo, raccoglie l’acqua in una ciotola sacrale e la rivolge in alto, verso la sommità, fra il tripudio della folla.

Tratto da http://web.tiscali.it/asaacqui

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