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Salvatore Anchita: efferato assassino e uomo d’onore

Oggi proppongo una storia, tratta integralmente dal Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna ( ossia storia della vita pubblica e privata di tutti i sardi che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti) di Pasquale Tola.

Anchita Salvatore, nativo di Sedini, il quale, dopo aver commesso molti e barbari omicidi per ispirito efferato di parte, fu ucciso nel 1659 dando esempio tale di generosità d’animo, da cui appare quanto negli uomini stessi rotti ad ogni mal fare sia potente il sentimento dell’onore; raggio di virtù che brilla talvolta in mezzo alla fosca luce de’ più enormi delitti.

Francesco Brundanu, nato in Sedini ancor esso e capo d’una fazione potente, inimicava all’Anchita per antichi odi di famiglia. Mogli, figli, congiunti uccisi da ambe le parti erano sangue che inferociva gli animi dei crudi isolani: frequenti e crudeli si avvicendavano le vittime e le vendette.
Il Brundanu, condannato a morte e ricercato col taglione, mena per aspri balzi vita incerta, solitaria ed ansante. Dopo alcuni anni è scoperto in ermo dirupo dai soldati regi che aliavano per le sue tracce. L’oscurità della notte, gl’inospiti e segreti sentieri da lui conosciuti lo scampano dall’imminente pericolo. Fugge da uno in altro luogo, e da uno in altro luogo le vigili soldatesche lo inseguono. Errando così con incerto consiglio arriva finalmente ad una grotta che a simiglianza di profonda caverna si apre nel dirupato masso d’una montagna: quivi egli crede aver trovato la sua salvezza. Ma ecco all’inoltrarsi in quell’oscuro recesso di belve, gli si para innanzi Salvatore Anchita e cinque altri inesorati compagni delle sue vendette: manca allora al Brundanu il coraggio, né vedendo più scampo alla propria vita, gitta le armi per terra, e chiede dal suo nemico la morte. Tolga Iddio, ripiglia ferocemente l’Anchita, ch’io macchi di tanta infamia il mio nome: a morte io ti cercavo; ma solo; ora… io cinto d’armati e tu inerme… l’ucciderti saria viltà. Vedi là (e accennogli i soldati regi che salivano frettolosi per l’erta del monte) quanti si avanzano per darci assalto: orsù riprendi l’animo tuo feroce; eccoti le armi… sarà una la nostra sorte, o qui vincere, o qui morire.
E tale fu qual disse, perché nella zuffa colle soldatesche Francesco Brundanu e Salvatore Anchita perirono: uomini efferati è vero, ma uomini generosi. Che se la sventura trascinò l’Anchita d’uno in altro delitto, tale però e sì grande è l’atto di virtù che usò al suo nemico, che rimarrà illustre ed eterna del suo nome la rimembranza.”

Paolo da Ozieri: http://www.webalice.it/ilquintomoro