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L’aspra bellezza da cui nascono miti e leggende

Scelto dagli angeli come paradiso in terra, conteso dal diavolo pronto a scatenare la sua ira, il Golfo degli Angeli ha ispirato con la sua bellezza leggende e miti. Come un’altra sorprendente area in provincia di Cagliari: i monti dei Sette Fratelli

Il promontorio della Sella del Diavolo e i monti dei Sette Fratelli, severi guardiani di calcare e granito, si stagliano come sentinelle che vegliano sulla provincia di Cagliari. Non sono solo luoghi simbolo di una felice unione tra mare e montagna, ma anche custodi di terribili leggende e racconti fantastici che ne accrescono fascino e mistero. A partire dai nomi: Golfo degli Angeli e Sella del Diavolo, rappresentano, infatti, un’antinomia singolare se si pensa che il primo include la seconda, come in un abbraccio indissolubile, caratterizzando fortemente il panorama costiero del Cagliaritano.
Diversi miti stanno dietro a queste denominazioni.

Si racconta che in tempi assai remoti gli Angeli chiesero a Dio un dono ed egli promise loro una terra dove avrebbero vissuto felici per il resto dei giorni.
A una condizione però: che quella fetta di Paradiso avrebbero dovuto cercarla da soli. Un’esplorazione non facile, anche perché nel loro peregrinare le creature celesti trovavano nient’altro che odio e malvagità. Erano sul punto di arrendersi quando il loro sguardo cadde su una bella e verde isola circondata dal mare, oasi di un popolo mite che viveva tra pastorizia e agricoltura. Dio mantenne la sua promessa, permettendo loro di trasferirsi in quell’eden.

Ma la reazione di Lucifero non si fece attendere: invidioso del dono divino, iniziò a creare scompiglio tra gli Angeli, istigandoli alla lite e tentando di scacciarli da quella amena terra.
Fu una lunghissima lotta nelle acque del golfo, tra onde altissime e furibonde tempeste, finché il diavolo finalmente venne disarcionato dal suo destriero. Fuori di sé, il demonio agguantò la sella e la scaraventò su un promontorio lasciandone indelebile la traccia: da quel giorno, quella punta è nota come Sella del Diavolo. Quest’oasi ancora selvaggia alle porte di Cagliari da qualche tempo è periodicamente accessibile e consente di giungere ad insenature dal mare turchese, come cala Fighera (ritrovo dei naturisti), o di  fare escursioni fino alla sommità, punto di arrivo che cela ancora i resti di antiche torri e cisterne romane. Da qui è possibile godere di un panorama a 360 gradi, che spazia dalla lunga striscia di sabbia del Poetto allo stagno di Molentargius, habitat stanziale dal 1993 dei fenicotteri rosa, dalla costa di Pula (a ovest) a
quella di Villasimius (a est).

Gli altri “guardiani”, immobili ed eterni, che hanno ispirato numerose leggende, sono i Monti dei Sette Fratelli. Perché sette e perché fratelli? Due miti si inseguono e si perdono nella notte dei tempi: il primo vuole che la mano che creò questa montagna si ispirasse alle sette stelle della costellazione dell’Orsa perché sulla Terra ci fosse un punto di riferimento, strada sicura per i viandanti. Secondo un’altra fantasia popolare, quella più nota, quegli enormi spuntoni di roccia che si ergono sulle alture fino a mille metri altro non sarebbero che sette fratelli malvagi, protagonisti di una lunga serie di delitti efferati e per questo tramutati in pietra dalla collera di Dio.

Chi si avventura su quelle cime (sono a una trentina di km da Cagliari) vi accede dalla vecchia orientale sarda e può utilizzare una estesa rete di percorsi, tra cui il Sentiero Italia. Lo scultore Pinuccio Sciola ha definito i Sette Fratelli un “popolo di giganti scolpiti dal vento”, ma anche uno “zoo di pietra”: negli enormi massi di granito non è difficile riconoscere sembianze animalesche o fantastiche.
Uno in particolare, Sa perda de sa pippia (la pietra della bambina), racchiude una leggenda tragica: questo maccigno, staccatosi dal monte, schiacciò a morte una bimba e ancora oggi, nelle giornate ventose, si dice che il lamento della fanciulla riecheggi lugubre. Quel che è certo è che i più fortunati possono ascoltare i bramiti dei cervi, i veri signori del comprensorio forestale.

DANIELE CASALE