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La flora sarda: un’esplosione di colori per una grande rarità di specie

La flora sarda un'esplosione di colori per una grande rarità di specie

Nel secolo scorso la vegetazione arborea dell’isola subì una vera e propria ecatombe.
Il Governo sabaudo concesse ad alcune imprese l’autorizzazione a tagliare ben 200 mila ettari di bosco per realizzare traversine ferroviarie.
Alla fine di quell’operazione «legale» la superficie spogliata ammontava a ben 600 mila ettari

Solo poco più di un secolo fa la nostra Isola era per buona parte ricoperta da maestose foreste ma, nel 1863, il Governo, seguendo la politica del Cavour, concesse ad alcune imprese il taglio di ben 200.000 ettari di bosco da trasformare in traversine per le strade ferrate.
Nel volgere di pochi decenni il nostro patrimonio boschivo venne praticamente azzerato, complice anche l’industria estrattiva che richiedeva in continuazione legname per le travature delle gallerie sotterranee e come fonte di energia per la fusione dei minerali.

Lecci, Roverelle e Sughere furono, senza dubbio, i protagonisti principali di questa ecatombe che portò alla eliminazione di circa 600.000 ettari di bosco: una superficie superiore a quella della Liguria!

Delle formazioni boschive primarie, scampate ai dissennati tagli ed agli incendi, non rimangono oggi che pochissimi «lembi» che, per la dislocazione e per i continui oltraggi cui sono continuamente sottoposti, sarebbe più realistico definire «brandelli».

Attualmente le nostre foreste, solo in casi rari, raggiungono superfici di 1.000 ettari.
Questo antefatto, necessario e doveroso, non ci deve far immaginare una Sardegna povera di formazioni vegetali e con una flora poco interessante.
Con l’intento di fugare questa falsa impressione, descriveremo alcuni tra gli ambienti più rappresentativi e caratteristici della nostra Isola.

Le sabbie dei litorali

Le sabbie costiere sono sicuramente un ambiente tra i più inospitali: infatti la sabbia e le minute gocce d’acqua di mare smerigliano ed incrostano di sale le piante, rendendo comprensibilmente difficile la loro vita. Solo poche specie, ad elevato grado adattativo, riescono a sopravvivere.

Sono queste le specie «psammofile»
Cakile maritima, Convolvolus soldanella, Agropyron junceum ed Eryngium maritimum che per prime «colonizzano» gli ambienti sabbiosi.
Più all’interno, sulle dune più alte, compare Ammophila arenaria accompagnata da Echinophora spinosa e Medicago marina.
La specie più appariscente di questi siti sabbiosi è indubbiamente il Ginepro coccolone (Juniperus oxicedrus var. macrocarpa).

ginepro coccolone
Ginepro coccolone (Juniperus oxicedrus var. macrocarpa)

Le lagune salmastre

Typha latifolia
Typha latifolia

I numerosissimi stagni e le lagune salmastre che circondano la nostra isola, ospitano una flora quanto mai interessante per il suo grado di adattamento all’eccesso di cloruri nel substrato.
La vegetazione sommersa è costituita dalle curiose alghe «a candelabro» (Lamprothamnium sp. e Chara sp.) che vegetano assieme alle idrofite alofile Ruppia spiralis, talora Ruppia drepanensis e con Althenia filiformis.

Sui bordi degli stagni, dove il variare della concentrazione dei sali è legato a fenomeni ciclici di apporti d’acqua salata dal mare e di acqua dolce dai fiumi, vivono numerose specie appartenenti per la massima parte alla famiglia delle Chenopodiaceae con i generi Salicornia, Suaeda, Artrocnemum, Halocnemum, Halopeplis, ecc. che hanno l’aspetto delle piante «grasse» per via delle foglie succulente.
Queste, nei loro tessuti ricchi d’acqua, accumulano fino al 10% di Cloruro di Sodio, realizzando così una elevata tensione di assorbimento che consente loro di assumere acqua dal suolo.

In posizione più arretrata troviamo Giunchi (Juncus subulatus, Juncus acutus, Juncus maritimus), cannucce d’acqua (Phragmites australis), che si accompagnano allo Scirpo (Scirpus maritimus) ed ai Settembrini (Aster tripolium).

La macchia

La macchia mediterranea è, senza ombra di dubbio, la formazione più rappresentativa del nostro paesaggio vegetale.
Come abbiamo detto in precedenza, infatti, le foreste sono ormai ridotte a ben poca cosa, anche se non è raro trovare Lecci, Carrubi, Olivastri, Lentischi di dimensioni arboree; la caratteristica però della nostra macchia è quella di essere formata di arbusti quali: Lentisco, Mirto, Corbezzolo, Leccio, Laurotino e Alloro.

L’altezza media è di circa 2-3 m.
La presenza di specie lianose quali Caprifoglio (Lonicera implexa), Smilace (Smilax aspera) e le Clematidi (Clematis cirrosa e Clematis flammula) rendono la macchia praticamente impenetrabile.
I diversi tipi di «macchia» ed il loro grado più o meno spinto di degradazione, portano con sé un diverso «corteggio» floristico che rende il nostro paesaggio molto vario e suggestivo.
Basterà ricordare le bellissime fioriture biancheggianti della boscaglia ad Erica (Erica arborea), in primavera, o quelle invernali del Corbezzolo (Arbutus unedo) anch’esse bianche ma che si accompagnano al rosso vivo dei frutti che contrastano col verde lucido delle foglie.

Euforbia arborea (Euphorbia dendroides)
Euforbia arborea (Euphorbia dendroides)

Che dire poi dei Cisti (Cistus monspeliensis, Cistus incanus, Cistus salvifolius, Cistus albidus, Cistus corsicus) che con i loro bianchi o rosei fiori primaverili, riempiono il paesaggio sardo di una nota di colore ineguagliabile.
L’Euforbia arborea (Euphorbia dendroides), che è la più grande d’Europa, merita una citazione particolare: con le diverse «livree» stagionali, conferisce al paesaggio che la ospita aspetti differenti a seconda della stagione.
La sua chioma tondeggiante passa dal color verde tenero in autunno al giallo, durante la fioritura, al rosso corallo alla fine della primavera.

Un aspetto «marginale» della Macchia mediterranea è quello ad Oleandro che, quando il sole caldo dell’estate ha fatto inaridire le colline ed i campi tutt’intorno, sui fondovalle ormai asciutti, appare come una esplosione di colore per i suoi vistosissimi fiori; in questi ambienti vegeta spesso, assieme alle Tamerici, tanto care al D’Annunzio, che, con le loro fronde delicate e la copiosa fioritura di minuscoli grappoli bianchi e rosa, abbelliscono i nostri torrenti e le zone costiere.

Flora relitta e flora endemica

Agrifoglio (Ilex aquifolium)
Agrifoglio (Ilex aquifolium)

Tra questa flora, testimone di condizioni ambientali ormai non più esistenti che un tempo doveva avere una maggiore diffusione, dando luogo ad imponenti formazioni boschive, non possiamo non ricordare due relitti forestali: l’Agrifoglio (Ilex aqwfolium) con le sue caratteristiche foglie «spinose» di color verde lucido tra le quali spiccano i caratteristici frutti d’un rosso intenso ed il Tasso (Taxus baccata) o albero della morte, velenoso in tutte le sue parti fuorché nell’arillo del seme.

Altre entità hanno trovato, per sfuggire a condizioni climatiche non più confacenti, estremo rifugio nelle cime più elevate del Gennargentu o del Limbara oppure in canaloni umidi montani.
La Rosa di montagna (Peonia mascula subsp. russii), il Ribes sardo (Ribes sandalioticus), la Digitale (Digitalis purpurea) e la Genziana maggiore (Gentiana lutea) sono soltanto alcuni esempi.

Peonia mascula
Peonia mascula

La flora della Sardegna è ancora, come già detto, di enorme importanza sia dal punto di vista fitogeografico che sistematico. In quest’ottica appaiono d’interesse rilevante le specie «esclusive» della nostra Isola.
Sono per la massima parte individui poco appariscenti, ed è per questo che forse si sono salvati: hanno spesso dei nomi che ricordano l’ambiente in cui sono stati rinvenuti.

Tra queste ricordiamo: Centaurea horrida, Aristolochia tyrrhena, Ribes sandalioticum, Oenanthe lisae, Galium schmidii, Rumex soffocatus, Hieracium zizianum subsp. sardonium, Euphrasia genargentea, Festuca morisiana, Aquilegia nugorensis, Armeria sardoa subsp. genargentea, Santolina insularis, Viola corsica subsp. limbarae, Silene colorata subsp. mori-siana, Psoralea morisiana, Helichrysum monte-linasanum e Glechoma sardoa.

Questo non è che un «piccolo assaggio» del nostro patrimonio vegetale che ancora, nonostante le colossali mutilazioni dovute ai tagli ed agli incendi, conserva sempre la sua peculiarità ed il suo fascino indimenticabile.

Articolo di Bruno de Martis pubblicato nel 2010