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Comares e compares de fogarones

Ad Ozieri, la sera della vigilia e la sera dei giorni dedicati a San Giovanni Battista (24 giugno) e a i Santi Pietro e Paolo (29 giugno), in tutti i rioni si facevano sos fogarones, dei grandi fuochi alimentati per lo più cun su restuju, le stoppie del grano ed altri arbusti.

Durante la festa si procedeva al rito de su comariu, chi desiderava farsi la comare o il compare, prendeva con la mano destra l’estremità di un ramoscello e porgeva l’altra estremità alla persona che voleva come compare o comare, e tenendo stretto questo ramoscello, insieme saltavano attraverso le fiamme recitando la formula de su comariu:

Comares e compares de sos fogarones
Comares e compares de su pilinginu
A bois sa tatza, a mie su inu

Oppure:

Comares e compares de su fogarone
Comares e compares de Santu Giuanne
Comares e compares de sa pira camujina
Comares e compares de sa milingiana
Comares e compares de su inu

Al termine di questo rito si stringevano la mano facendosi gli auguri: Compa’, Coma’, a chent’annos: e rimanevano compari per tutta la loro vita, nutrendo tra loro un grande rispetto.

Sempre ad Ozieri, nel giorno di San Givanni (24 giugno), il mattino presto, le giovani donne in cerca del fidanzato gettavano dalla finestra un fiore di garofano, poi, di nascosto controllavano la persona che lo avrebbe raccolto per conoscere in anticipo il nome del futuro innamorato. Questo perché si credeva che, il nome della persona che avesse raccolto il fiore, sarebbe stato uguale a quello portato dal giovane che le avrebbe dichiarato il suo amore.

Nel caso che a raccogliere il fiore fosse una donna col nome intraducibile al maschile, le ragazze ripetevano il gioco allegramente, sperando che il nuovo tentativo portasse loro almeno un bel nome.

Sos orzos

Fagher sos orzos su notte de Santu Giuanne; era un usanza comune a molti paesi delle Sardegna che vedeva protagoniste sas bajananeddas, le ragazze non ancora maritate, e consisteva nel ricavare pronostici legati alla sfera amorosa dai grani d’orzo.

Nella notte di San Giovanni (24 giugno), in ogni casa, le ragazze si riunivano attorno ad un catino pieno d’acqua e a turno mettevano due grani d’orzo (vestito, non mondo) a galleggiare nell’acqua, prima però sollevavano per metà la pula che avvolge il cariosside, in modo da formare una sorta di vela. Ad uno dei due semi d’orzo si dava il nome della ragazza e all’altro quello del ragazzo a cui si aspirava, e dal comportamento dei grani abbandonati sull’acqua, si cercava di capire se tra i due ci sarebbe stato un rapporto d’amore e un eventuale matrimonio.

I chicchi galleggiando sull’acqua assumevano subito un certo movimento, dovuto in parte alla reazione del glutine al contatto con l’acqua, e in parte al respiro delle ragazze in trepida attesa chine sul catino. Nel caso che i due semi, muovendosi venivano a contatto l’uno con l’altro e vi rimanevano abbastanza a lungo, il pronostico era favorevole. Se al contrario il chicco che rappresentava il ragazzo se ne andava per suo conto, o peggio ancora, dopo essersi accostato alla… compagna, se ne allontanava immediatamente, allora il pronostico era sfavorevole. Comunque, le ragazze non si scoraggiavano e ripetevano il gioco cambiando il nome del giovanotto fino a quando non trovavano quello disposto ad affiancarsi e rimanervi abbastanza a lungo.

Fonti oltre ai miei riccordi personali:

Passato da raccontare con amore e per amore, di teresa Pala (Ozieri)

Curiosità del vocabolario sardo, di Antonio Senes (Bolotana)

Paolo da Ozieri: http://www.webalice.it/ilquintomoro