Morat I, bey di tunisi, uno schiavo sardo convertito all’islamismo che con la sua intelligenza e il suo genio, creò un’enorme fortuna e conquisto il potere.
Nacque in Sardegna nel secolo XVII, ma condotto in schiavitù dai pirati africani mentr’era ancor fanciullo, rinegò la fede, ed abbracciò l’islamismo verso il 1632. Nel farsi seguace della legge di Maometto prese il nome di Morat, per gratitudine verso il padrone, dal quale ricevette la libertà.
(1) Dotato dalla natura di un genio molto attivo e superiore al suo stato, seppe metterlo a profitto per ingrandire la propria fortuna. L’instabilità del governo, sotto il quale vivea, e le grandi e rapide rivoluzioni delle quali era stato spettatore, gli fecero comprendere che il supremo potere potea venire ancora nelle sue mani, se avesse l’ardimento di aspirarvi.
Posseduto da questo pensiero, cominciò a guadagnarsi, or colla soggezione, or coi doni, i principali consiglieri del bassà Ibrahim, dal quale verso il 1660 fu eletto bey, o gran tesoriere della reggenza. Trovavasi in questa carica, allorché il divano e la milizia cacciò Ibrahim, ed elesse dey Cara-Osman.
Sotto la reggenza di quest’ultimo, l’influenza di Morat nelle cose di governo andò rapidamente e smisuratamente crescendo.
L’ammistrazione del danaro pubblico che colava nelle sue mani, e l’ascendente da lui acquistato sulle truppe destinate ad accompagnarlo per l’esazione dei tributi, gli porsero l’occasione di comprare il favore dei soldati e di abbassare l’autorità del divano. Con tali mezzi, e colla finezza delle sue arti arrivò finalmente a tal grado di superiorità, che alla morte di Cara-Osman non trovò ostacoli per ascendere al supremo comando. Pervenuto al potere che ambiva, prima sua cura fu quella di conservarlo nella sua famiglia, e di renderlo ereditario ed indipendente. A tal fine tolse agli agà molte delle attribuzioni, che li aveano renduti così funesti ai successori di Sinan-Bassà, (2) e fatta alleanza coi sultani degli arabi vicini, cominciò a governare dispoticamente. Il regno suo durò tredici anni, e non fu distinto per verun fatto rimarchevole.
Mohamet-bey suo figlio, che gli succedette nella reggenza, usò la stessa politica, e si mantenne in seggio, malgrado gli sforzi fatti dai Bolouck-Bachis e dagli agà per ricuperare l’autorità perduta. Ma Amurat o Morat II, figliuolo di Mohamet, non seppe, o non fu abbastanza felice nell’imitare gli esempi del padre e dell’avo. Verso il 1690 fu chiuso nel castello di Sour d’ordine di suo zio Ramadan. Condannato a perdere la vista per avere aspirato al governo, Amurat corruppe le sue guardie, ammazzò l’agà che le comandava, e fuggì verso le montagne, a trenta leghe da Tunisi, ove fu raggiunto da gran parte delle truppe al soldo del bey. Marciò allora alla volta di Tunisi, se ne impadronì, e fece strangolare Ramadan. Gli algerini, che aveano favorito suo zio, provarono il suo risentimento. Egli fece loro la guerra con molto furore, ma questa attirò le più grandi calamità sopra il suo regno, e cagionò la sua estrema rovina. Ibrahim, capo degli oldak destinati alla guardia della sua persona, irritato dalle sue crudeltà, lo uccise, e si fece acclamare bey in sua vece, verso il 1695. Con lui e coi suoi figli, trucidati dal barbaro Ibrahim, fu spenta intieramente la schiatta di Morat I.
(1) Costui addimandavasi Morat-bey, e conghietturiamo possa essere lo stesso Morat bey, il quale nel 1599 infestava colle sue galere le coste di Napoli e di Sicilia, e che abboccatosi nelle acque di Guardavalle con frate Maurizio di Rainaldo, promise di favorire la sollevazione delle Calabrie, e di far consentire allo stesso fine il bassà Cicala (vedi Botta, Storia d’Ital., continuaz. del Guicciardini, tomo III, lib. XV, p. 437).
(2) Sinan-Bassà, conosciuto più comunemente col nome di bascià Cicala (era rinegato genovese della famiglia dei Cigalli o Cicala) avea fondato in Tunisi una nuova specie di governo, la quale durò solamente fino al regno di Kilic-Ali-Bacha suo successore. Poi ebbero luogo molte rivoluzioni, nelle quali il potere andò diviso tra il divano ed i capi della milizia. Quest’ultima terminò per essere superiore, ed elesse successivamente tre dey, che furono Kalif, Ibrahim, e Cara-Osman. Il quarto dey, non eletto, ma che si fece eleggere, fu Morat-bey, ossia Morat I, di cui parliamo.
Tratto da: Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna (ossia storia della vita pubblica e privata di tutti i sardi che si distinsero per opere, azioni, talenti, virtù e delitti) di Pasquale Tola.
Paolo da Ozieri: http://www.webalice.it/ilquintomoro