La medicina popolare tradizionale ha i suoi modi di concepire il malessere e i rimedi atti a combatterlo, avvalendosi di particolari rituali che si concretizzano con l’ausilio di elementi appartenenti alla sfera naturale come la fitoterapia, talvolta associata a quella sfera da taluni definita “sovrannaturale”, dove il curatore entra in contatto con diversi livelli di coscienza appartenente ad “altri mondi”, fungendo da collegamento tra questi e il paziente.
Per quanto riguarda la fitoterapia, si sa che l’innata paura dell’uomo nei confronti delle malattie e delle sofferenze corporee ha stimolato da sempre la ricerca e lo sfruttamento delle risorse naturali come le piante ritenute curative.
Le più antiche civiltà, già prima che si facesse un esplicito riferimento alla fitoterapia nelle Sacre Scritture, conoscevano le proprietà curative e l’uso che si poteva fare di alcune piante, in seguito le nozioni acquisite furono approfondite e diversificate.
Per quanto riguarda l’Europa, il sapere medico fu trasmesso, grazie all’intermediario arabo, dalle civiltà egiziana, greca e romana.
In Sardegna la magia ha da sempre permeato i vari contesti della vita dei suoi abitanti e, quando la religione e la scienza hanno fatto la loro comparsa, sono dovute scendere a compromessi soprattutto laddove fosse più difficile estirpare gli appannaggi più radicati di quel periodo mitico. Secondo la tradizione sarda esistono persone particolari dotate del cosiddetto “dono”, cioè la capacità di interagire e influenzare il mondo animale e vegetale e, ovviamente, umano.
Per quanto riguarda la medicina tradizionale, sono da considerarsi guaritori, coloro ai quali è stata riconosciuta la dote del dono, essi applicano le conoscenze trasmesse dai saggi di generazione in generazione dopo aver compiuto un apprendistato, consistente nel saper riconoscere le piante medicinali, essere in grado di preparare il rimedio e applicarlo sul malato.
Le malattie curabili dalla tradizione sarda sono diverse, in un post precedente abbiamo avuto modo di trattare l’argomento riguardante la medicina dell’occhio, oggi parleremo della malattia della stria.
Secondo la tradizione popolare la stria è l’uccello del malaugurio impersonato o dalla civetta o dal barbagianni, con la sua comparsa preannuncia una disgrazia. Ad essa vengono attribuiti poteri malefici che sfociano in una vera e propria malattia se, durante il suo volo, passa sopra la testa di una persona. Gli effetti della cosiddetta striatura sono riconoscibili negli occhi e nel viso del malcapitato che presenta il pallore tipico dell’itterizia.
Per diagnosticare la malattia è necessario controllare che l’altezza della persona corrisponda alla misura dell’estensione delle sue braccia, la misurazione avviene con del filo da imbastire bianco, in caso di squilibrio si procede al rito di guarigione che cambia da una zona all’altra dell’Isola.
In alcune zone si bruciano le piume del rapace notturno riducendole in cenere da versare nel caffè che andrà somministrato al malato; in altre zone l’operazione si compie nella fase terminale del ciclo lunare e insieme alle piume si brucia anche il filo utilizzato per la misurazione, con il fumo che si crea si segna la croce sopra il malato mentre si recitano i brebus (formule magiche), infine le ceneri si mischieranno, come nel caso precedente, al caffè che il malato dovrà bere a digiuno la mattina seguente.
Questa terapia rischia di essere cadere nell’oblio perché molte guaritrici non praticano più l’antica medicina per la mancanza di richieste.
Notizie tratte da:
Nando Cossu, A luna calante
Graziella Cuga, Anna Lisa Cuccui, S’Arremediu Antigu – medicina popolare nella tradizione sarda
Dolores Turchi, Lo sciamanesimo in Sardegna
Bepi Vigna, Il popolo delle leggende
Fabrizio e Giovanna
Il Mulino del Tempo