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La strage di Carloforte

Sul finire del diciottesimo secolo, l’isola di San Pietro, situata a nord del golfo di Palmas e abitata in massima parte da liguri, fu il teatro di un terrificante avvenimento.

A Carloforte, la più grande borgata dell’isola di San Pietro, viveva una bellissima ragazza, che aveva un numerosissimo stuolo di ammiratori, soprattutto fra i marinai che facevano scalo a Carloforte. La ragazza abitava in una casa sul porto e aiutava suo padre a mandare avanti la taverna di cui era proprietario, attirando con la sua bellezza giovani e vecchi ai quali col suo sorriso faceva sembrare un nettare divino perfino la vernaccia andata a male e che essi bevevano soltanto per far piacere a chi la mesceva. A forza di sentirsi dire quanto era bella, Giovannica si era insuperbita e aveva rifiutato più di una proposta di matrimonio fattale da giovanotti suoi pari, e forse pensava, o sognava che la sua bellezza meritasse molto di più di quanto la vita le offriva. Nel frattempo continuava a fare gli occhi dolci a chi le diceva di volerle bene, senza impegnarsi seriamente con nessuno, e questo a vantaggio del padre che giorno dopo giorno vedeva crescere i suoi clienti.

Un giorno arrivò  a Carloforte un giovane cagliaritano, figlio di un barone che possedeva molte terre nell’isola. Il giovane si innamorò di Giovannica, e la ragazza senza far troppo la difficile accettò le proposte amorose del giovane barone.

La relazione tra i due giovani, veniva vista da tutto il paese come una tresca, e le malelingue non smettevano mai di soffiare sul fuoco, fino a che il mormorio non arrivò a Cagliari agli orecchi del barone padre, che subito partì per Carloforte e allontanò il giovane dall’ìisola.

Giovannica pianse disperata per parecchio tempo, ma poi pensò bene di consolarsi con altri amori.

Col tempo alla ragazza venne voglia di maritarsi, e sarebbe stata anche disposta di accasarsi con uno dei tanti giovanotti che prima aveva rifiutato; ma la sua relazione col barone aveva lasciato perplessi i suoi primi pretendenti, perplessità che la ragazza non riusciva a dissolvere ne con i suoi sorrisi ne con le sue moine.

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In un giorno di burrasca una feluca getto l’àncora nella rada di Carloforte; la piccola barca danneggiata dalla mareggiata, era così malridotta che le riparazioni avrebbero richiesto molti giorni di lavoro, così il capitano e i marinai alloggiarono a terra.

Il capitano, che era anche il padrone della feluca, un bell’uomo sui trent’anni, era dell’isola di Capraia. Sul suo viso cotto dal sole si poteva leggere la sua indole energica e risoluta, e negli occhi piccoli, penetranti, iniettati di sangue, un animo indomito, quasi feroce.

Così, come tutti gli altri, il capitano, che alloggiava nella casa di Giovannica, si innamorò perdutamente della ragazza, e dopo un po’ di tempo la chiese in moglie; il padre di lei che non desiderava altro, non esitò un istante e gli disse subito di si.

La notizia di questo fidanzamento, accompagnato dai più feroci commenti sulle virtù della ragazza, fece il giro di tutta l’isola. I marinai della feluca, che avevano raccolto tutte le dicerie sul conto della ragazza, misero in guardia il loro capitano, che invece di rompere il fidanzamento, anticipò il giorno del matrimonio.

Dopo il matrimonio, quando i due sposi rimasero da soli, il capitano disse alla donna in modo energico:

– Ricordati sempre il giuramento che ai fatto oggi innanzi a Dio, se verrai meno anche a una sola di queste promesse!…

Accortosi che nel sentire quelle parole, Giovannica era impallidita, la rassicurò con una tenera carezza.

I due sposi per i primi tempi vissero in perfetta armonia, e il capitano si innamorava ogni giorno di più della sua bellissima sposa.

Nel frattempo le riparazioni della feluca erano terminate e il capitano aveva ripreso a viaggiare lungo le coste, viaggi che di solito non duravano più di un mese.

Fu al ritorno inaspettato da uno di questi viaggi, che il demone della gelosia iniziò a impadronirsi della sua anima. Tornava da Cagliari, dove aveva acquistato un bellissimo gioiello di corallo per la sua sposa, e gia pensava alle tenerezze di cui sarebbe stato oggetto da parte di Giovannica per il dono che le portava; ma una volta arrivato a casa, invece della sposa, trovò il padre di lei che un po’ imbarazzato gli disse, che la figlia era andata a fare una visita in campagna ad un parente, e che sarebbe tornata prima di sera.

Image Il capitano tornò alla sua nave con mille pensieri che lo assillavano, e salito a bordo trovò un giovane che lo aspettava perché aveva qualcosa di molto importante da riferirgli. Il capitano messosi in disparte, chiese al giovanotto quale fosse il motivo della sua visita, e quello senza farsi troppo pregare disse al capitano che sua moglie non era andata in campagna a far visita ad un parente, ma ad incontrarsi col suo amante, quel tal barone che… Il capitano disse che non era possibile e intimò al giovane di tacere; ma il giovane non tacque e invitò il capitano a seguirlo in un posto da dove avrebbe potuto vedere sua moglie uscire dalla casa del suo amante.Il capitano prima di seguirlo minacciò il giovane (che a suo tempo era stato era stato uno dei pretendenti alla mano di Giovannica) dicendogli, che se la sua era solo una menzogna lo avrebbe sgozzato come un cane. Nascosto dietro un cespuglio nei pressi della casa del barone, il capitano ebbe la prova dell’infedeltà di sua moglie.

Il capitano, con l’inferno nell’animo, ritornò alla sua nave, fece issare le vele e prese il largo. Dove andò!… Mistero!…

Trascorsi sei anni dal fatto, nella notte del due dicembre 1798 nelle acque di San Pietro, silenziose e inosservate, tre grosse navi da guerra e altre barche più piccole si avvicinarono al lido. Gettate le ancore, dalle navi sbarcarono più di mille Tunisini, che avidi di bottino e sangue, entrarono in Carloforte, penetrarono nelle case cogliendo gli abitanti nel sonno, violentarono le donne, e molte di loro furono uccise nel loro letto nel tentativo di sottrarsi alla violenza, sgozzarono giovani, vecchi e bambini e quelli che ebbero la fortuna di salvare la vita furono incatenati e portati prigionieri sulle loro navi.

Fu una scena terribile, feroce, straziante.

Chi scatenò  sull’isola di San Pietro l’orda dei barbari, feroci come le fiere delle loro selve?
Chi guidava alla strage quelle belve assetate di sangue?

Illuminato da cento fiaccole il duce di quelle iene, accompagnato da una masnada dei suoi soldati, si diresse verso una casa in riva al porto, fece sfondare la porta e gridando selvaggiamente entrò, salì le scale, si precipitò in una camera, dove una donna nascosta tra le coperte, guardava terrorizzata tutta quella gente che sembrava volesse sbranarla.

Il capo dei barbari grido con voce di tuono: – Giovannica! Giovannica! Tu dimenticasti il giuramento che facesti ai piedi dell’altare, tu mi tradisti ed io sono tornato per vendicarmi. –

E cosi dicendo gettò a terra il turbante, si avvicinò al letto, e fisso con occhi di brace la donna che tremava e come impazzita esclamava: mio marito! mio marito!

Si tuo marito! Rispose il capitano con un sorriso satanico e questa notte pagherai il prezzo del tuo tradimento. E così dicendo se ne andò lasciando Giovannica alla mercè di cento soldati.

E per la bella di Carloforte incominciò il più orribile dei supplizi.

Paolo da Ozieri

 

Fonti:

– Appendice alla storia di Sardegna di Giuseppe Manno

– Leggende e cronache dei tempi antichi in Sardegna di Giuseppe Bargilli