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Intervista a Mauro Mura, autore del libro “Contusu Antigusu”

Qualche tempo fa ci siamo imbattuti per caso sul titolo del libro dello scrittore di Cabras, Mauro Mura. Ci ha incuriosito tantissimo e non potrebbe essere stato altrimenti visto che il titolo è “Contusu Antigusu“.

Potete leggere la recensione del libro contusu antigusu.
Abbiamo rivolto a Mauro, che ringraziamo, qualche domanda sul come è nata l’idea del libro e su cosa pensa sia utile fare per preservare is contus de forredda. Buona lettura.

Contusu.it: Ciao Mauro e benvenuto sulle pagine di Contusu.it. Raccontaci un po’ di te. Hai sempre avuto la passione per la scrittura?

Mauro Mura: Sin da quando frequentavo il liceo più o meno. Un desiderio che si manifestava nei momenti in cui leggevo un libro o guardavo un film, e con la fantasia mi spingevo al di là di quella che era la trama concepita dall’autore o dal regista. Un po’ perché poteva non piacermi la svolta narrativa da lui utilizzata, o perché  ne immaginavo altre mie personali. Mi sono reso conto a quel punto di avere una grande fantasia.  E ad un certo punto è sorto in me il desiderio di provare a metterla a frutto scrivendo un libro. Ovviamente poi quando si comincia a scrivere ci si rende conto che la fantasia non è sufficiente. Infatti ci sono voluti quindici anni e una crescente e costante passione e dedizione prima che bozze buttate per caso diventassero qualcosa di serio.

Come è nata l’idea del libro Contus Antigus?

Da ragazzino ero affascinato dalle storie gotiche e misteriose in stile Edgar Allan Poe  o che si rifacevano a dei vecchi film o telefilm che avevo avuto modo di vedere. Richiamavano alla mia memoria l’ambiente in cui sono vissuto da bambino. Fatto di case e vie poco illuminate, spesso mancanti di televisione (in casa mia fino a nove anni avevamo un televisore ma potevamo vedere solo il primo e il secondo canale, e durante le brutte giornate nemmeno quelli). Inoltre vicino al mio paese si trova un piccolo villaggio rurale di origine antichissima che allora era totalmente privo di energia elettrica, nel quale ho trascorso lunghi periodi dell’infanzia (mio nonno ci abitava come un eremita solitario). Un luogo che già di per se richiamava alla mente storie particolari.  Il tutto contornato dagli immancabili contos de forredda raccontati spesso nelle notti invernali durante le quali il vento ululava e i lampi illuminavano gli ambienti di case e palazzine antiche, generando ombre sinistre in ogni anfratto.  Da alcuni di quei racconti che sentii da bambino ho tratto l’ispirazione. Ripeto l’ambientazione e lo stile si ispirano alla letteratura gotica perché essa richiamava alla mia memoria proprio l’ambiente in cui sono vissuto fino all’età di dieci anni circa.

Che tipo di ricerche hai fatto per trascrivere i racconti?

Più che altro ho riportato alla memoria alcune storie che ho sentito raccontare, dalle quali ho tratto ispirazione.

Pensi che anche in questi tempi “moderni” ci sia qualcuno che ha da raccontare fatti recenti o pensi che ormai is contus de forredda appartengano solo al passato?

Possono ancora essere tenuti vivi attraverso gli scritti.  Magari qualche regista sardo potrebbe farci un film ad episodi, però in sostanza appartengono ad un’altra epoca. Un epoca in cui tutto appariva arcano e misterioso. L’epoca in cui la notte voleva dire davvero buio. Ora all’interno delle case a momenti  c’è più luce di notte che di giorno. Ma a parte questo quale famiglia al giorno d’oggi spegnerebbe tv e pc  e si riunirebbe attorno ad un tavolo per dialogare e raccontare? Quella era una forma di intrattenimento e un modo per far trascorrere il tempo. Si tramandava anche la memoria in un periodo in cui pochi sapevano leggere e scrivere.

Tu stesso sei stato protagonista di qualche episodio particolare?

Io no, mia madre e mio zio si! Quando erano molto piccoli. Uno dei racconti il cui titolo è  “La signora vestita di bianco” descrive proprio la curiosa vicenda che li riguarda.

Cosa pensi occorra fare per far conoscere alle nuove generazioni is contus de forredda ed evitare che si perdano per sempre?

Tramandarli  attraverso gli scritti è già una cosa buona. E in questo senso sono state pubblicate alcune opere da diversi autori. Non sarebbe male organizzare letture nelle scuole (E in generale nelle scuole sarde dovrebbe essere dedicato del tempo all’insegnamento della cultura e della storia sarda). E come già ho detto potrebbe essere una buona cosa farli rivivere visivamente tramite la riproduzione cinematografica. Rappresentando e rendendo vivo in tal modo il contesto ambientale sociale e culturale dell’epoca . Onestamente io ho cercato di dare ai racconti un impronta cinematografica. Ed infatti alcuni che li hanno letti me lo hanno fatto notare.

Hai dei nuovi progetti in cantiere?

I due libri finora pubblicati derivano da bozze create in gioventù e poi riprese in un periodo in cui una qual certa maturità mi ha consentito di portarli a compimento. Tanto che li ho definiti come gli schizzi acerbi di un giovane pittore. Ho diversi manoscritti anche pronti, ma che probabilmente non pubblicherò nonostante siano centinaia di pagine scritte. Sono abbastanza pignolo ed al momento non mi convincono sebbene ad  amici ed amiche a cui spesso mando i miei inediti per un parere, sono piaciuti. Attualmente sono impegnato in quella che ritengo l’opera più importante finora scritta. Qualcosa che mi convince pienamente tra l’altro. Un romanzo storico avventuroso, ambientato nel X secolo negli anni in cui Tharros stava vivendo il suo crepuscolo, ed erano sorti gli embrioni di quelli che sarebbero stati successivamente chiamati Giudicati. La protagonista è proprio una “Giudicessa” o meglio “Judikissa” della mereia (che è il nome bizantino delle circoscrizioni territoriali che poi sarebbero diventati giudicati) di Arborea .  Di quel periodo non è pervenuto un granché e dunque ho potuto sbizzarrirmi, sebbene abbia studiato anche con attenzione il contesto storico per cercare di realizzare (spero di riuscirci) un romanzo interessante anche sotto quel punto di vista. Tra l’altro, tornando ai contos de forredda e alla loro importanza,  in un episodio del romanzo mi sono ispirato anche ad un contos   giunto per un puro caso alle mie orecchie da bambino. Una leggenda che da una spiegazione davvero curiosa del come sarebbe nato il nome “Arborea.”

E quale sarebbe questa leggenda?

Eh, preferisco non dirlo per ora. Però posso dirti che è un episodio interessante. Ed è interessante che io l’abbia conosciuto proprio da un contos de forredda che tra l’altro sentii raccontare solo in quell’occasione da un signore anziano che l’aveva sentito raccontare  dal nonno (Vedi il caso di come talvolta certe storie si tramandano mentre altre volte si perdono).  Comunque nel libro lascio intendere che sia considerata una leggenda anche in quel periodo in cui il romanzo è ambientato. Però chissà, spesso nelle leggende si nasconde un fondo di verità.  Comunque è un romanzo piuttosto lungo. Non so se hai mai letto “i pilastri della terra” di Ken Follet o i romanzi egizi di Wilbur Smith che tra l’altro è uno degli scrittori a cui più mi ispiro assieme a Valerio Massimo Manfredi. Penso supererà senz’altro le 700 pagine, ma potrebbe andare anche molto più in là.

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