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Il castello di Gioiosa Guardia

Al momento, non esistono fonti affidabili sulla data di fondazione del castello di Gioiosa Guardia. Nel suo studio sui castelli medievali della Sardegna, Fois ha proposto due teorie contrastanti che non sono supportate da alcuna fonte.

La prima teoria sostiene che il castello fu costruito nel momento in cui Guglielmo di Massa (1190-1214) divenne giudice filopisano a Càlari, dopo aver sconfitto Pietro di Torres, il quale ambiva anch’egli a governare il Regno di Càlari. La seconda teoria suggerisce invece che il castello fu eretto alla fine del XIII secolo, quando il Regno di Càlari fu diviso in tre parti, e la parte più occidentale, dove sorge Gioiosa Guardia, fu assegnata alla famiglia dei “della Gherardesca”, conti di Donoratico.

Sebbene la prima teoria sembri meno attendibile, la seconda è più interessante. Infatti, non ci sono documenti precedenti al XIII secolo che menzionino il castello, ma potrebbe essere stato costruito durante il periodo in cui la Pisa signorile dominava l’isola. L’ubicazione del castello di Gioiosa Guardia ci permette di ricostruirne la storia e le ragioni alla base della sua costruzione. Il fatto che sia situato all’interno del territorio di Càlari suggerisce che non sia stato costruito durante l’epoca giudicale, quando avrebbe avuto più senso edificarlo lungo la zona di confine del Regno, spesso in conflitto con gli altri regni contemporanei. Invece, sorge al confine tra le due curatorie di Sigerro e di Sulcis, che fu stabilito in seguito alla spartizione del territorio tra i membri della famiglia pisana dei della Gherardesca.

La data di costruzione del castello potrebbe risalire al periodo successivo alla divisione del Regno di Càlari avvenuta nel 1258. In tale spartizione, la Repubblica di Pisa acquisì Castel di Castro e le saline, mentre la restante parte fu divisa tra Giovanni Visconti, sovrano del Regno di Gallura, che ottenne la parte orientale, Guglielmo di Capraia, re d’Arborea, a cui fu assegnata la zona centrale, e Gherardo e il nipote Ugolino della Gherardesca, conti di Donoratico, i quali ottennero la parte occidentale costituita dalle ex curatorie di Cixerri, Sulcis, Nora e Decimo, e furono nominati iudices tertie partis Regni Kallaritani.

In seguito alla morte del conte Gherardo nel 1268, i suoi possedimenti sardi furono divisi tra i due figli Bonifazio e Ranieri, che si separarono da Ugolino non condividendone la politica filoguelfa. Sebbene tale divisione sia stata attribuita a molti studiosi al 1282, oggi si ritiene che la data sia stata anticipata al 1272. Già in questo anno Ugolino era denominato ‘Signore della Sesta Parte del Regno di Càlari’, costituita dalla curatoria del Sigerro, mentre gli eredi di Gherardo, insieme alla curatoria di Decimo, Nora, Sulcis e alla villa di Gonnesa, possedevano anche Villamassargia. Pertanto, il 1272 può essere considerato il termine dopo il quale il castello è stato costruito. Bonifazio, primo signore della Sesta Parte Gherardiana, lo avrebbe fatto costruire per difendere i suoi domini su una linea di confine con i possedimenti dell’altro ramo della famiglia.

Il conte Ugolino fu imprigionato nella Torre dei Gualandi, accusato di tradimento dall’arcivescovo Ruggeri degli Ubaldini. Nel 1289, lui e i suoi figli Gaddo e Uguccione e i suoi nipoti morirono nella torre. La Sesta Parte di Ugolino passò ai suoi altri due figli: Guelfo e Lotto. Guelfo si rifugiò ad Acquafredda quando venne a conoscenza della morte del padre e successivamente occupò il vicino castello di Gioiosa Guardia. Lotto fu fatto prigioniero a Genova durante la battaglia della Meloria, ma in seguito si unì al fratello e al Comune ligure contro le truppe di Pisa capeggiate da Ranieri della Gherardesca. Durante la lotta, i castelli di Acquafredda e di Gioiosa Guardia furono fortificati per resistere agli attacchi dei Pisani.

Guelfo e Lotto dovettero fuggire e, anche se Guelfo fu liberato dopo la consegna dei castelli di Gioiosa Guardia e di Acquafredda ai Pisani, morì poco dopo all’ospedale arborense di San Leonardo di Sette Fontane. La morte di Lotto, invece, fu attestata da un documento del 20 giugno 1296.

Nel 1301-1302, Pisa incamerò tutti i possedimenti sardi dei discendenti di Ugolino, inclusi Villa di Chiesa e Domusnovas. Inoltre, ottenne in eredità i beni di Mariano II d’Arborea, mentre Bonifazio e Ranieri di Donoratico rientrarono in possesso dei propri territori, compreso il castello di Gioiosa Guardia. Nel 1297, papa Bonifacio VIII infeudò l’isola a favore di Giacomo II d’Aragona, dopo aver creato il Regno di Sardegna e Corsica.

Nel 1323, l’infante Alfonso pose l’assedio a Villa di Chiesa, che tentò invano di opporre una strenua resistenza. Insieme con essa resistevano anche i castelli di Acquafredda e di Gioiosa Guardia, ancora in mano ai gherardiani. Gioiosa Guardia era ben fortificato, tanto che l’infante affermò che era un “castrum satis competentis fortitudinis”. Nel novembre del 1323, Pisa incaricò gli amministratori di Castel di Castro di vendere grano per l’approvvigionamento del castello. Dopo la spedizione, l’infante si adoperò per la riorganizzazione dei nuovi territori conquistati, affidando l’assetto politico e amministrativo di Villa di Chiesa a funzionari reali, mentre nei castelli di Acquafredda e di Gioiosa Guardia furono poste guarnigioni catalane.

Il Castello di Gioiosa Guardia, che risale al 1324, è un importante edificio storico che viene menzionato negli accordi di pace tra il Comune di Pisa e la Corona d’Aragona. Secondo questi accordi, la fortezza fu concessa in feudo a Ranieri e Bonifazio della Gherardesca, insieme ai territori circostanti di Villamassargia, Gonnesa, Sulcis, Decimo e Nora. Inoltre, i villaggi di Astia, Jossu e Nulacatu furono affidati al castellano di Gioiosa Guardia, che trasse dai loro proventi i fondi per il sostentamento del castello.

Per ottenere la concessione di questi feudi, la famiglia della Gherardesca doveva pagare alla Corona una somma annuale di mille fiorini, da versare ogni anno nel giorno di Natale. Tuttavia, nel 1326, gli accordi di pace furono nuovamente messi in discussione quando il Comune di Pisa tentò di contendere agli Aragonesi il dominio dell’isola.

In tale occasione, Giacomo II d’Aragona decise di non confermare il possesso di Villamassargia, Gonnesa, Domusnovas e del Castello di Gioiosa Guardia a Bonifazio e ai figli del defunto Ranieri, ovvero Tommaso, Gherardo e Bernabo. La decisione di Giacomo II d’Aragona fu dettata da ragioni politiche e strategiche, in quanto Gioiosa Guardia rappresentava una delle fortezze più importanti della valle del Cixerri, situata vicino alla strada che collegava Villa di Chiesa con Castel di Castro. Inoltre, in tutte le terre confiscate erano attivi i forni di fusione dell’argento utilizzato per coniare monete.

Secondo i documenti conservati presso l’Archivio della Corona d’Aragona, nel castello di Gioiosa Guardia si avvicendarono molti addetti alla sua custodia e amministrazione. Inoltre, sono stati trovati documenti relativi al pagamento di salari a truppe, serventi e castellani.

Fino alla metà del Trecento, la castellania di Gioiosa Guardia aveva una natura benefica; il castellano, scelto solo tra i ceti elevati iberici, riceveva la carica in cambio di servizi alla Corona. Un documento del 1345 ricorda che il sovrano ordinò al governatore di Càlari di concedere a Berenguer de Senterio la prima castellania libera tra quelle di Acquafredda, Gioiosa Guardia, Quirra, Osilo e Orgoglioso. Il castello otteneva guadagni e ricavi dalle ville e dai territori circostanti: Giossu, Astia e Nulacatu, i cui abitanti, pur non essendo legati da obblighi feudali, dovevano provvedere al suo sostentamento con contribuzioni in denaro e in natura.

Nel 1332, il luogotenente regio Sancio Aznarez de Arbre ottenne l’approvazione della Corona perché la castellania di Gioiosa Guardia e la carica di baiulo di Villamassargia, Domusnovas e Gonnesa fossero affidate a Guglielmo ça-Cireram, soprannominato il Bastardo. Questa scelta fu motivata da una strategia politica, in quanto costui era un condottiero a capo di un gran numero di uomini armati, che avrebbe potuto essere di grande aiuto in caso di pericolo per la Corona. La castellania di Gioiosa Guardia fu poi retta da Napoleò d’Aragò, che la tenne fino al 20 giugno del 1341, quando Pietro IV donò in feudo il castello, secondo la consuetudine spagnola, ad Arnaldo de Ripoll.

Nel 1351, il re richiese la riparazione del castello di Gioiosa Guardia e di quello di Acquafredda. Nel 1355, la gestione del castello passò a Mateu de Montpalau, che ottenne in feudo le ville di Nolocato, Jussu, Villanova, Plano, Conta ed Estia e la custodia del castello. Nel giugno dello stesso anno, il sovrano ordinò al Montpalau di concedere l’ingresso soltanto alle genti che abitavano nel circondario per evitare che i ribelli che avevano messo a ferro e fuoco Villa di Chiesa si rifugiassero nel vicino castello. Nel 1357, il feudo del castello di Gioiosa Guardia venne assegnato a Pietro Darbe; l’anno successivo, il castello era difeso da 10 uomini armati.

‘8 febbraio 1361, Ramon Marquet ottenne in feudo il castello insieme alle ville di Nolocato, Estia, Plano, Conta, Villanova e Villa Jussu. Tuttavia, il suo possesso fu di breve durata poiché il re, insoddisfatto della sua gestione, decise di affidare la custodia del feudo all’allora governatore del Capo di Càlari e Gallura, Ximenez Perez de Calatayud. Quest’ultimo mantenne il controllo della zona fino al 10 settembre dello stesso anno, quando il feudo fu concesso al giovane Antonio de Puxalt.

Tuttavia, durante il 1365, quando la situazione politica e militare della Sardegna subì una trasformazione e si profilò una nuova guerra tra l’Arborea di Mariano II e la Corona d’Aragona, il castello di Gioiosa Guardia perse la sua funzione benefica e riprese il suo ruolo originale militare. Gioiosa Guardia e Acquafredda erano due importanti posizioni strategiche per il controllo dell’intera valle del Cixerri. Questo cambiamento di funzione è confermato da una serie di documenti che dimostrano che il castello fu costantemente rifornito di armi e munizioni. In questi documenti è menzionato anche il nome di un balestriere di Cagliari, Berenguer Almuzara, che nell’agosto dello stesso anno si recò nei due castelli per riparare le balestre e fare l’inventario delle frecce.

Nel 1358 fu realizzato un disegno che raffigura il complesso fortificato di Gioiosa Guardia con tre torri, mura merlate e una porta dotata di saracinesca. Tale disegno sembra rappresentare un modello standard di castello, privo di elementi prospettici e non corrispondente alla realtà del manufatto.

La situazione politica e militare divenne sempre più grave, finché gli Aragonesi persero la Villa di Chiesa, che passò agli Arborea. I castelli di Acquafredda e Gioiosa Guardia resistettero invece, come dimostrano i libri contabili degli amministratori sardi che riportano il pagamento dei salari dei servitori e le spese per i rifornimenti.

Nel 1370, il re d’Aragona ordinò all’allora amministratore del Capo di Cagliari di procurare vettovaglie e pagare lo stipendio del castellano, Antonio de Puxalt, che venne tuttavia rimosso dall’incarico dopo alcuni mesi. La castellania fu assegnata a Pietro Martini de Saraça, che mantenne la sua carica fino al 1382.

Nel 1387, venne intrapresa un’importante opera di restauro che fu poi documentata, e che compare ancora in documenti del 1391-1392. In una lettera del 1391, il governatore e i consiglieri del castello di Càlari comunicarono al re d’Aragona che Brancaleone Doria, il re d’Arborea, aveva catturato trentadue uomini a cavallo che erano stati inviati per portare vettovaglie e difendere il castello di Gioiosa Guardia e quello di Acquafredda durante l’assedio di Villa di Chiesa.

In una lettera del 1392 di Brancaleone Doria indirizzata al governatore di Cagliari, Giovanni di Montbui, si legge che il re di Arborea aveva occupato il castello di Gioiosa Guardia e minacciava di tenerlo fino a quando non gli fosse stato restituito il castello di Longosardo.

Nel 1415, Ferdinando I, sovrano d’Aragona, provvide alla fortificazione della città di Càlari e alla riorganizzazione della parte interna dell’isola, nominando Gantine de Sena come castellano di Gioiosa Guardia.

Viene riportato che l’opera di restauro fu effettuata nel 1387 e che si trova menzionata in documenti del 1391-1392. Nel 1391, una lettera dei governatori e dei consiglieri del castello di Càlari informò il re d’Aragona che Brancaleone Doria, re d’Arborea, aveva catturato 32 cavalieri che erano stati inviati per rifornire e difendere il castello di Gioiosa Guardia e quello di Acquafredda durante l’assedio di Villa di Chiesa.

In una lettera del 1392, Brancaleone Doria scrisse al governatore di Cagliari, Giovanni di Montbui, affermando che aveva occupato il castello di Gioiosa Guardia e che non lo avrebbe restituito fino a quando non gli fosse stato restituito il castello di Longosardo.

Nel 1415, Ferdinando I, sovrano d’Aragona, si occupò della fortificazione della città di Càlari e della riorganizzazione della parte interna dell’isola, nominando Gantine de Sena come castellano di Gioiosa Guardia.

Nel 1420 tutto il territorio di Villamassargia venne donato in feudo more Italiae a Luigi de Aragall e il 24 giugno del 1432 il castello fu concesso in feudo a Ludovico Aragall, dietro il pagamento di 300 lire alfonsine. Il 27 dello stesso mese, Ludovico de Aragall ottenne dal procuratore generale del Regno di Sardegna anche la giurisdizione civile e penale nel feudo di Gioiosa Guardia. In seguito alla sua morte il re Ferdinando I concedeva, nel 1484, a Giacomo d’Aragall il titolo di barone di Gioiosa Guardia attestato ancora per l’anno 1492.
Gli interessi e i feudi della famiglia Aragall si unirono a quelli dei Bellit in seguito al matrimonio di Salvatore Bellit con Antonia Giovanna, primogenita di Giacomo d’Aragall, da cui nacque Ludovico. Poiché il cugino Ludovico Bellit era ancora infante, il fisco decise di mantenere il controllo sulla baronia. A questa decisione si oppose Salvatore Bellit, padre del piccolo Ludovico, sostenendo che la moglie, in quanto figlia diretta di Giacomo d’Aragall, poteva vantare diritti sulla baronia, ma incontrò l’opposizione degli altri due figli dell’Aragall, Pietro e Michele. La controversia fu alla fine risolta a favore di Salvatore Bellit, dietro il versamento di 1000 ducati d’oro alle casse del re Ferdinando I. In tal modo, nel 1510, Ludovico Bellit ottenne il pieno possesso del feudo di Gioiosa Guardia, di Villamassargia, insieme alle ville di Domusnovas, Siliqua con il castello di Acquafredda, Decimo, Villaspeciosa e le terre spopolate di Sols e Sabatzus. Nel 1519 ottenne dal re Carlo V la giurisdizione sulla baronia.
Dalle fonti sappiamo che già in questa prima meta del Cinquecento il castello è ormai distrutto.
In seguito al matrimonio di Elena Bellit, figlia di Ludovico Bellit, con Agostino Gualbes, da cui nacque Ludovico, i feudi dei Bellit passarono tra i possedimenti dei Gualbes, e nel 1606, dopo alterne vicende, fu concessa a Ludovico l’investitura del castello e della baronia di Gioiosa Guardia. Nel 1613 la baronia passò al nobile Antonio Brondo in seguito al matrimonio con Elena Gualbes.

Le notizie relative al Settecento sono scarsissime e si presentano intricate e confuse. Intorno alla prima metà del secolo, Villamassargia e il castello passarono tra i possedimenti della famiglia Bou Crespi.
Il monumento e oggi di proprietà del demanio comunale ed e entrato a far parte del patrimonio culturale della Sardegna.

Fonte: Arxius de Tradiciones Roccas 3-Anna Paola Deiana – Il castello di Gioiosa Guardia – 2003

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