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I Cuiles dei Supramontes

cuiles

Percorrendo i sentieri dei Supramontes, non è raro imbattersi nelle caratteristiche strutture utilizzate dai pastori che dai paesi di Baunei, Urzulei, Orgosolo, Oliena e Dorgali, si spingevano all’interno di uno dei territori più selvaggi della Sardegna.

Si tratta di costruzioni in pietra e legno, purtroppo ora spesso fatiscenti, che prendono il nome di Cuiles ed i pastori ci hanno dimorato per generazioni, badando al bestiame, costituito solitamente da maiali, capre e buoi.

Il Supramonte è stato pressochè abbandonato progressivamente dai pastori a partire dagli anni 50’-60’ del secolo scorso e se non in alcuni casi eccezionali, non c’è stato un ricambio generazionale.
Non è difficile immaginare la vita di duri sacrifici che questi uomini conducevano in solitudine, una vita scandita dal lavoro da fare, dagli animali da accudire per poter garantire alla propria famiglia, rimasta nei paesi d’origine, il giusto sostentamento.
La fatica non veniva ripagata dal lavoro, svolto tra profonde gole, sentieri impervi e pericolosi campi solcati, grotte e doline dove rincorrere gli animali che si allontanavano.

Oggi noi attraversiamo i pericolosi passaggi creati da questi pastori-scalatori per nostro puro diletto, una passione che i vecchi padroni di questo splendido territorio farebbero fatica a comprendere.
Sicuramente non erano immuni allo spettacolo che la natura poneva loro davanti, infatti molti ovili sono stati costruiti in luoghi di una bellezza da togliere il fiato. Almeno la fatica poteva venir un minimo ripagata in questo modo.

Nei cuiles e negli spazi organizzati al suo intorno, il pastore viveva per la maggior parte dell’anno, tornando al suo paese per rifornirsi di provviste e abiti puliti.
Non era raro che anche la famiglia lo seguisse in montagna e i figli venivano abituati sin da piccoli ad occuparsi del gregge e a dare una mano al padre.

Chi ha studiato le caratteristiche costruttive dei cuiles, non ha dubbi che la tecnica derivi direttamente dalla cultura nuragica, non essendo diverse le esigenze dei pastori preistorici da quelli di qualche decennio fa.
Sostanzialmente i cuiles venivano costruiti con tronchi di ginepro o leccio e pietre calcaree ed occorreva molta pazienza e tempo per cercare i pezzi adatti e portarli nella zona prescelta.

Tutte le strutture che compongono l’ovile hanno una denominazione precisa. Così la struttura che aveva lo scopo di ospitare il pastore prende il nome di “Pinnettu” o “Barracu” e veniva costruita creando il muro perimetrale in pietra e innalzando la struttura in legno, di forma conica, di circa 3-4 metri d’altezza.
All’interno della capanna venivano disposte delle pietre rettangolari per delimitare l’area de “su foghile”, in cui accendere il fuoco, mentre intorno alle travi si disponevano dei ripiani per riporre i prodotti caseari o gli attrezzi da lavoro.
Nella parte sommitale del Pinnettu veniva posizionato un cappello chiamato “su cugumale” la cui funzione era quella di proteggere il cuile dall’acqua e dalla neve, nonchè di far scorrere l’acqua piovana lungo le travi portanti.
La disposizione di tali travi poi era fatta in modo tale da poter far fuoriuscire il fumo verso l’esterno, attraverso gli interstizi del legno. Le frasche posizionate all’esterno sopra la struttura portante, completavano l’opera garantendo un ambiente confortevole ed asciutto.

Una struttura simile alla capanna principale, ma molto più semplice,  veniva spesso costruita per poter riporre gli attrezzi da lavoro, mentre nei dintorni veniva predisposto il recinto delle capre, chiamato “sa corte”. I capretti solitamente avevano uno spazio loro chiamato “as cerinas” o “cherinas”.
I maiali stavano nelle “cumbulas”, delle capannine di forma rettangolare, molto basse, con un piccolo recinto per i maialetti.

Tantissimi ovili si trovano oggi in condizioni di totale abbandono e cadono a pezzi, alcuni sono stati bruciati, volontariamente o meno, ed alcuni sono stati letteralmente smontati per recuperare le travi di legno.
Occorre salvaguardare queste opere, testimonianze di una cultura che ha attraversato i millenni, in modo tale che non venga dimenticata, ma venga divulgata sfruttando il crescente turismo escursionistico, creando dei sentieri ad hoc nelle montagne del Supramonte e continuando l’opera di recupero di queste antiche dimore dei pastori, come già alcune comunità locali stanno facendo.