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La riscoperta di Monsignor Calvisi: il prete-etnografo che salvò il mondo magico e perduto della Barbagia

raimondo calvisi

Per contusu.it, Raimondo Calvisi non è solo un sacerdote, ma il testimone più scrupoloso e affascinante della Sardegna arcaica, l’uomo che ha dato forma scritta a quella che oggi chiamiamo «Sa paraula« (la parola, la tradizione orale), proprio quando stava per essere inghiottita dall’oblio.

La riedizione della sua opera omnia, curata dal nipote Diego Casu e dallo scrittore Natalino Piras per Carlo Delfino Editore, è l’evento editoriale fondamentale per chiunque voglia esplorare il cuore più segreto e misterioso della Barbagia.

Il Tessitore di Trame Magiche: S’Accabbadora, S’Arza e la Cena delle Anime

Monsignor Raimondo Calvisi (Bitti 1892 – Nuoro 1978) è l’autodidatta che, nel decennio cruciale tra il 1966 e il 1976, ha fissato su carta un patrimonio di riti estinti e figure leggendarie che altrimenti sarebbero andate perdute per sempre.

I suoi cinque libri originali (ora ripubblicati in sei volumi con il sottotitolo evocativo «Sa paraula e sos libros») sono un vero e proprio archivio di antropologia spontanea, popolato da una folla di personaggi che sono il pane quotidiano del folklore sardo:

  • S’Accabbadora: La figura della «colei che finisce», la donna che poneva fine alle lunghe agonie. Calvisi, in qualità di canonico, riportò una testimonianza diretta (risalente al 1906 a Bitti) che confermava l’esistenza e la funzione di queste donne, una prova fondamentale per gli studi successivi.
  • Su ballu ‘e s’arza (Il ballo dell’argia): Uno dei rituali più incredibili narrati da Calvisi. Era considerato il rimedio infallibile contro il morso della tarantola, una cerimonia complessa che esigeva la partecipazione di un numero fisso di donne in base al loro stato civile: «sette vedove, sette spose, sette zitelle, scelte preventivamente».
  • Le Fattucchiere e le Matriarche: Le sue pagine non si limitano a descrivere riti, ma svelano un intero universo sociale dove convivono in equilibrio precario figure devozionali e personaggi al limite della legalità: «preti e altra gente devota, di abigei e grassatori, molti iscritti nei libri di giustizia e pochi, pochissimi incensurati.»
  • Tzia Grimenta, l’Attittatòra: Tra i personaggi indimenticabili del secondo volume (Figure e tradizioni del nuorese) vi è «tzia Grimenta, attittatòra ufficiale dei morti in guerra», figura femminile di profonda rilevanza nella ritualità del lutto.

Dalla Guerra di Lollove al Concilio

La forza dei racconti di Calvisi risiede nella sua partecipazione diretta, quella che l’antropologo Raffaello Marchi definiva, già nel 1966, una visione «dal basso e dall’interno, con un grado di identificazione tra il testimone e la cosa testimoniata».

L’episodio autobiografico che apre la sua opera, «La festa di Alarvè» (Lollove), è emblematico: durante la processione in onore di San Biagio, esplode una sparatoria tra fazioni avverse. Il giovane parroco, Raimondo Calvisi, si ritrova solo davanti al santo e pronuncia una frase in limba che condensa l’umorismo fatalista e la fede profonda della gente di Barbagia: «Anche se ti fosse tagliata la testa, la tua potrebbe rifarsi. La mia no».

Uomo di chiesa conciliare, latinista ma favorevole alla brevità delle omelie («incurtzia«), Calvisi fu prima di tutto un mediatore tra cultura alta e cultura bassa, capace di applicare una «scienza antropologica autodidatta» per salvare dalla dissoluzione un mondo di concetti tenaci e leggi non scritte.

La Nuova Edizione: «Sa paraula e sos libros»

Il progetto di riedizione completa non solo rende accessibili i cinque volumi introvabili (come Riti Magici o Sprazzi d’antica vita barbaricina), ma aggiunge un sesto volume di scritti inediti, ricco di muttos (canti sardi) di amore, scherno e ninnidos.

Questa riscoperta di Monsignor Calvisi non è solo un omaggio a un «curato di campagna» di eccezionale valore, ma la chiave essenziale per rigenerare la memoria e comprendere le dinamiche sociali, magiche e culturali della Sardegna più profonda, quella che sopravvive e si racconta ancora oggi attraverso i contos tramandati.