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Novità sui Giganti di Monti Prama

Riportiamo due articoli tratti dalla Nuova Sardegna e da Il Sardegna, relativamente alle importanti novità in merito alle statue di Monti Prama.

Tratto da “La Nuova Sardegna “, venerdì 28 marzo 2008

Da ieri è visitabile il laboratorio che ospita le sculture monumentali di Mont ‘e Prama I GIGANTI SOTTO I RIFLETTORI
Si è scoperto che le statue erano dipinte di rosso e nero.

Di Federico Spano

L’archeologia diventa spettacolo. Le sculture di Monte ‘e Prama rinascono sotto i riflettori. I giganti di pietra di Cabras, «dimenticati» per 30 anni negli scantinati del museo archeologico di Cagliari, non avranno più segreti. Ogni passaggio del loro restauro potrà essere seguito giorno per giorno da chiunque. Gli attori del grande «teatro archeologico» sono gli esperti che da quattro mesi lavorano al centro di restauro di Li Punti. Da ieri, i dodici professionisti in divisa rossa si danno il cambio nel grande spazio espositivo aperto al pubblico. Sullo sfondo, una gigantografia del sito di Monte’e Prama. Sul lato opposto della galleria, invece, a tre metri di altezza, c’è una lunga passerella, che consente ai visitatori di seguire il restauro da una posizione privilegiata.
Sui banchi di lavoro: teste, archi, busti, scudi, gambe, piedi, modellini di nuraghe. I frammenti da ricomporre sono 4880, per un totale di dieci tonnellate di pietra. Un puzzle colossale che consentirà, forse, di rimettere in piedi una o due sculture.
Troppo poche, forse, per soddisfare le «esigenze» dei musei, ma più che sufficienti per riscrivere pagine intere della preistoria sarda. Il dato più atteso però, al di là del numero delle statue, che oscilla di giorno in giorno, è la datazione. A che epoca risalgono i giganti di Monte ‘e Prama? Un quesito non da poco. Sopratutto perché in base alla collocazione temporale delle sculture, si capirà il livello di sviluppo della civiltà nuragica. anche in rapporto agli altri popoli del Mediterraneo.
Fino a oggi gli archeologi hanno mantenuto una certa prudenza. C’è chi colloca i guerrieri di pietra al settimo secolo avanti Cristo, altri invece, si spingono più indietro nel tempo e parlano addirittura dell’undicesimo secolo.
Se questa seconda ipotesi venisse confermata, la statuaria sarda precederebbe quella dell’antica Grecia. Ai nuragici potrebbe essere riconosciuta la paternità delle prime sculture a tutto tondo mai realizzate nel mediterraneo occidentale.
Un elemento, che potrebbe consentire agli archeologi di stabilire la data di nascita dei giganti, è emerso nei gironi scorsi. Sulla superficie di un frammento è stata trovata una traccia di colore. Le sculture di Monte ‘e Prama non erano bianche come la gente è ormai abituata a immaginarle. La «pelle» dei giganti era colorata di rosso e di nero. E se l’aspetto estetico potrà avere un ruolo importante, soprattutto per il lato «spettacolare» dei guerrieri di pietra, alti fino a due metri e mezzo, è proprio dai colori che potrebbe venir fuori il dato più atteso. La pigmentazione nera scoperta alcuni giorni fa, infatti, è stata analizzata nei laboratori del centro di restauro di Li Punti. Si tratta di un colore di origine animale. Il materiale biologico, come è noto, è databile con la tecnica del Carbonio 14. «La quantità di colore trovata fino a ora, però, non è sufficiente per fare una datazione – spiega Roberto Nardi direttore del Centro di conservazione archeologica di Roma, a cui sono stati affidati i lavori – Si può però affermare che le sculture sono state dipinte. Una colorazione di quel genere non è casuale. Cosa che, invece, si può dire per le altre macchie scure trovate su diversi pezzi e che hanno avuto origine da un incendio».
Proprio intorno a questo incendio, durato a lungo e che ha raggiunto temperature molto elevate, è stata fatta una ipotesi sulla storia delle sculture.
L’archeologa Antonietta Boninu, responsabile del progetto, esclude la tesi più suggestiva.
Quella, cioè, di una sommossa popolare, culminata con la distruzione delle statue, simbolo del potere. Sul fatto, però, che le sculture siano state distrutte volontariamente, ci sarebbero alcune prove. La più evidente è la quantità enorme di frammenti. «Potremmo trovarci di fronte a ciò che resta di una distruzione sistematica — aggiunge Roberto Nardi — I giganti, inoltre, sono stati ritrovati su una necropoli, ma è quasi certo che non ne facessero parte: sono stati quindi buttati lì di proposito».
Allora, dove si trovavano queste sculture e che funzione avevano? Una risposta la da ancora una volta l’archeologa Boninu. «Dalla dimensione dei basamenti, piccoli e sottili, che non potevano garantire una grande stabilità, possiamo ipotizzare che i giganti fossero incastonati nella pietra. Probabilmente facevano parte di un tempio, che doveva trovarsi a breve distanza dalla necropoli.
Inoltre, dalle analisi sul materiale utilizzato, un biocalcare ricco di fossili, siamo riusciti a stabilire che la pietra è stata prelevata dal banco di calcare che circonda Monte ‘e Prama
».
Le attività di restauro, che vanno avanti da quattro mesi e che proseguiranno per altri otto, sono state presentate ieri mattina, in occasione della X Settimana della cultura, anche dal soprintendente Giovanni Azzena e dalla responsabile del procedimento, Luisanna Usai. Fino a ieri, i visitatori sono stati 1.300 e le prenotazioni arrivano fino a giugno. La settimana prossima, da Cabras arriveranno 500 studenti. «Siamo convinti che nelle case di Cabras siano “custoditi” tanti altri frammenti — conclude Roberto Nardi — Sensibilizzare i giovani è fondamentale per ritrovare il più alto numero di reperti e restituire ai sardi un patrimonio inestimabile».


Il Sardegna

DI ROSSO E DI NERO VESTITI
Dopo trent’anni di abbandono, il restauro dei giganti regala ogni giorno segreti: uno di questi è il colore che decorava le statue, una tinta animale rintracciata sulla pelle di pietra.

Di Giuseppe Marongiu

La pietra apre bocca.
Mostra colori e canta vittoria. Perché il tempo del silenzio e dell’abbandono è finito, si spera in maniera definitiva. Ora l’esempio vergognoso di come una bellezza unica nel Mediterraneo possa essere seppellita fra topi e libri senza più editore è diventato l’esempio sardo di come un tesoro di tutti va studiato, coccolato, mostrato, passo passo, secondo dopo secondo.
Fino al 2004 i giganti di Monti Prama erano migliaia di pezzi accatastati, 2 o 3 busti lucidati con una resina orribile e qualche pagina di parole, in poche riviste specialistiche e qualche saggio archeologico. Ora la pietra arenaria riprende forma e viene trattata per quello che è: «Un esempio unico in tutto il Mediterraneo», sottolinea Francesco Nardi, direttore del Cca -Centro di conservazione archeologica di Roma, la struttura che ha vinto l’appalto di restauro.
I lavori, pagati un milione e 200mila euro dal ministero ai Beni culturali, procedono da 4 mesi. La sorpresa è che da due settimane sono riusciti i primi 80 “attacchi”, la ricomposizione dei frammenti importanti di diverse statue. Così pugnatori e arcieri iniziano a sentirsi di nuovo la testa sulle spalle e il busto al proprio posto. Se c’è un tempo per ridere e uno per piangere, ora stiamo attraversando le onde buone, quelle che cullano: “dopo trent’anni di abbandono ho la fortuna di trovarmi a essere qui”, ha voluto sottolineare il sovrintendente regionale, Giovanni Azzera. Perché diversi prima di lui non hanno avuto questa possibilità. Monte ’e Prama il nome del progetto di restauro: il nome, traslato dal campidanese al logudorese, forse a indicare che i laboratori sono a Li Punti, strutture che per dimensioni e attrezzature si contano sulle dita di una mano nello stivale.
Non solo restauro ma anche fruibilità continua: l’avanzamento dei lavori è pubblicato in diretta sul sito www.monteprama.it . I 4mila 880 pezzi, quelle dieci tonnellate di arenaria ora sono di tutti. Sul sito sono già documentati la metà dei reperti, in un database molto ben fatto.
E FRA I PEZZI fotografati eccone uno con una macchia nera: non è un segno di fuoco, è colore, vernice. Le statue erano dipinte con tinte di origine animale. Finora solo il rosso e il nero a movimentare l’ocra tenue dell’arenaria. A completare l’idea che le statue sono di tutti c’è un laboratorio in mezzo alla sala espositiva, creato apposta per permettere a chi visita il Centro di restauro di osservare da vicino gli studiosi al lavoro. Non male per pietre belle quando mute, congelate per decenni negli scantinati del museo di Cagliari. «Vogliamo che questo modo di lavorare, aperto, sempre fruibile, possa essere l’esempio per il futuro», spiega Antonietta Boninu, responsabile del progetto di restauro, «perché questo sia possibile servono fondi e la Regione, raddoppiando gli investimenti sul restauro dal 2007 al 2008, sembra voler appoggiare questa via». Bene tutto o quasi : nei laboratori ci sono 15 busti in cerca di teste e 8 faccioni in cerca di un corpo. Non sarebbe male far ritrovare la pietra mancante a ciascun gigante, prima o poi.
IL DATO
A caccia di nuovi resti.
L’appello degli archeologi e dei restauratori che in un anno cercheranno di ‘rimettere in piedi’ le statue di Monti Prama è chiaro: “Restituite i resti delle statue che conservate in casa, aiutateci a ritrovare più pezzi possibile”. La richiesta è rivolta prima di tutto alla popolazione di Cabras, luogo del ritrovamento dei giganti negli anni settanta. Perciò nei prossimi giorni diverse scolaresche partiranno dal campidanese alla volta di Li Punti: perché poi , una volta tornati a casa, avranno il nobile compito di convincere i genitori a restituire i reperti.

 

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