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“Diavolerie” e degrado nell’ex ospedale sotterraneo

Si mormora da anni, specialmente tra i balconi e le finestre che si affacciano sui pochi abbandonati giardini di Cagliari: “nelle caverne della città, al riparo da occhi indiscreti, si svolgerebbero le messe nere!”. Ma sarà vero? Oppure si tratta di leggende metropolitane?

Non è una novità sapere che girando per grotte sotto Cagliari, capita spesso di imbattersi in situazioni assai particolari: tracce di droga-party, siringhe, lumicini da cimitero, carcasse di animali in avanzato stato di decomposizione, che rievocano l’utilizzo – da parte di presunti “adoratori di Lucifero” (leggasi ragazzi annoiati) e di ignoti in genere, di alcuni ambienti sotterranei abbandonati nelle viscere della città.

Da Tuvixeddu a Sant’Elia, dal colle di Bonaria a viale Merello: la stampa locale e le tv – nel recente passato – hanno documentato i segni allarmanti di un grave degrado morale (e spirituale) lasciate nel sottosuolo dai cosiddetti “adoratori del diavolo”, in diverse cave sotterranee abbandonate e nelle buie gallerie accessibili da diverse aree “nascoste” o isolate, in pieno centro urbano. Ad esempio: il colle Tuvixeddu e l’ex ospedale sotterraneo di viale Merello. La fotografia qui accanto mostra l’ingresso di una cavità chiuso, perchè è stato saldato in seguito alle incursioni anonime.

 Quest’altra immagine, recentissima, a destra, documenta invece l’ingresso della stessa cavità “divelto”. Perchè?

Premettiamo che non è nostra intenzione passare in rassegna tutte le cavità abbandonate di Cagliari, o publicizzare l’opere devastatrice dei maleducati di turno. Piuttosto ci sentiamo in dovere, in riferimento al vecchio e agonizzante ospedale del tempo di guerra, di lanciare un appello, poichè un sito caro a tanti cagliaritani che al suo interno si rifugiarono ed ebbero salva la vita tra un intervento chirurgico e una degenza: impediamo, ad oltre mezzo secolo dalla seconda guerra mondiale, dunque dall’abbandono del sito, che i vandali assalgano la Cagliari sotterranea. Condanniamo questo modo di agire insensato, magari avviando una campagna di sensibilizzazione per il rispetto e la salvaguardia del nostro patrimonio sotterraneo. In passato, anche le tombe fenicio-puniche di Tuvixeddu e le pareti di cemento che delimitano le stanze dell’ex ospedale allestito negli anni ’40, sono state imbrattate da scritte deliranti, inneggianti a demoni e altri pretesti del genere.

La speleologia urbana, che studia le cavità urbane ed il loro rapporto con la città soprastante, da circa 15 anni lotta contro quanti agiscono in questa maniera, deturpando il nostro patrimonio speleo-archeologico. Purtroppo l’altra sera, dopo un periodo di “calma apparente”, la ricognizione fotografica avviata dal nostro gruppo in collaborazione con alcuni appassionati di speleologia, ha individuato e documentato nuove “incursioni” anonime che hanno deturpato il nostro patrimonio speleo-archeologico.

E’ come se Cagliari, in tal senso, avesse fatto un salto indietro: nel 1996, o nel ’97 ed anche nel 2000. Anni in cui il nostro gruppo scrisse al Prefetto, al Questore, al Sindaco di Cagliari e all’Arcivescovo chiedendo un forte impegno istituzionale per fermare la mano dei vandali che insisteva nel deturpare l’ex ospedale di viale Merello, le cave sotterranee e le tombe di Tuvixeddu.

Con l’ausilio della Polizia ottenemmo qualche risultato: gli accessi del succitato ospedale vennero murati. Le assurde bravate cessarono. Poi il silenzio e le nuove, maledette incursioni dei “distruttori”: deficienti e ignoranti cronici, irrispettosi nei confronti della nostra memoria storica.

A rileggerlo oggi torna di stretta attualità l’articolo che il presidente del GCC, Marcello Polastri,  scrisse in veste di cronista per il quotidiano l’Unione Sarda. Potrete leggerlo di seguito quel vecchio articolo, che denota il livello culturale (scarso) di coloro che insistono nel distruggere le tracce del nostro passato, accedendo in grotta perfino dei fuochi, alimentati con la benzina, saturando di fumo nocivo il sottosuolo, per il gusto sadico e immorale di sfregiare e deturpare, scrivere in modo blasfemo e “pazzeggiare” in maniera alternativa.

Ad ogni incursioni vandalica nella Cagliari sotterranea, seguivano interventi delle forze dell’ordine.I vigili del fuoco, ad esempio, intervennero decine di volte fuori in alcune caverne spegnendo i fuochi appiccati da anonimi, che l’hanno sempre fatta franca dal punto di vista della legge. Ben diverso, invece, il punto di vista morale: la loro coscienza (se ne possiedono un briciolo), li avrà perdonati?

Sorge spontaneo chiederci: ma che senso ha deturpare con la vernice spray le pareti delle caverne? Per quale motivo ci sono persone senza scrupoli che persistono nel firmare, con scritte blasfeme e oltraggiose verso Dio e la comunità cattolica, il cuore di Cagliari? Non pensate che state mettendo in atto un danno irreversibile all’immagine della città e ai vostri figli? E già, perché saranno loro – i posteri – a risentire dello stato di degrado dei beni storico-archeologici che riceveranno in eredità.

In sostanza: se sei intelligente e vai in grotta, da solo o in compagnia, per il gusto di sapere e scoprire, ama e contempla. Se invece sei stupido, o fingi di non capire: prosegui nella tua opera scellerata, scrivi sulle pareti di roccia, deturpa l’ambiente accendendo fuochi alla base delle pareti ma ricorda… se girando l’angolo e oltre il velo di tenebra sentirai un frastuono, chiudi gli occhi e aspetta, fermati a riflettere. Prima o poi il tetto di roccia potrebbe seppellirti. Per sempre. Perché anche le caverne hanno il loro alito vitale che sembra impercettibile quanto i gemiti inafferrabili di assestamento, quanto i delicati equilibri sotterranei: aspetti che l’uomo, di solito, non è in grado di percepire.

Gli speleologi del Gruppo Cavità Cagliaritane, delle Associazioni Turisti per Cagliari, Aloe Felice e Amici di Sardegna.

Sotto, l’articolo appena citato edito nel 2000, e scritto da Marcello Polastri per il quotidiano multimediale Unionesarda.it (9 agosto 2000), su questa gravosa situazione.

L’INFERNO SOTTO CAGLIARI

L’inferno è un dedalo di caverne buie e desolate sotto Cagliari. Dio, perdonali perché non sanno quel che fanno, annuncia la scritta biblica con vernice rossa o nera, leggibile all’interno di molte cavità cittadine.   Ex rifugi di guerra, cisterne puniche o sepolcri romani abbandonati da tanti lustri nel sottosuolo del capoluogo isolano, sono oggi il vero inferno metropolitano, la meta abituale dei satanisti alle prime armi e di quelli seri, che lasciano pochi segni del loro passaggio.

I primi, per la maggior parte ragazzi e ragazze, forse in preda alla noia, per evadere dalla quotidianità e trasgredire, amano imbrattare le pareti rocciose delle cavità con scritte oltraggiose verso la chiesa e generalmente, verso la comunità cattolica.  I secondi, forse più determinati e misteriosi, frequentano ugualmente il sottosuolo cittadino e solitamente riescono a lasciare le “sedi” delle loro riunioni pulite, prive di scritte o graffiti ma in compenso, vi abbandonano i lumicini tipicamente usati nei cimiteri.

Qualche mese fa è accaduto, all’interno dell’ex “miniera Sant’Arennera” situata nel colle Tuvixeddu, che gli adoratori del diavolo, dopo un misterioso rituale, hanno dimenticato una decina di steariche e una croce rubata qualche tempo prima al cimitero monumentale di Bonaria. E’ una situazione allarmante e incontrollabile che a Cagliari va avanti da molto tempo, come una mania che viene smascherata minimamente dalle TV locali e dai più noti quotidiani.
Tuttavia, le sedi abituali dei satanisti, spesso sono state identificate dalle forze dell’ordine nelle chiese sconsacrate e nelle cappelle dei cimiteri situati in molte località dell’isola.

Chi adora il maligno e si riunisce con un gruppo nel nome di Satana, generalmente riesce a farla franca nel praticare messe nere, per giunta restando anonimo, mostrando così la tipica caratteristica dei gruppi satanici di Torino o Bologna di sfuggire alle indagini e agli inventari.

A tal proposito, coloro che decidono di praticare riti satanici, lo fanno in luoghi lontani da occhi indiscreti ed il sottosuolo cagliaritano, con le sue grotte e caverne, offre una varietà di luoghi insospettabili poiché difficilmente percettibili.Le cavità cittadine, ampiamente studiate dai gruppi speleologici locali, si compongono d’ipogei umidi, immersi nell’oscurità totale che favorisce un clima di mistero, solito delle tappe predilette dagli adoratori del diavolo.

Leggende metropolitane credono che il giorno sei e il giorno nove, siano le date “ufficiali” e propizie per avere incontri con le forze del male, ed è per questo motivo apparentemente fantomatico, che una tomba scavata in antichità e attualmente abbandonata all’incuria del tempo e degli uomini, nei pressi dell’abitato, offrirebbe “valide possibilità di riuscita”.

Per stimolare l’apparizione del demonio oppure la maledizione di una persona antipatica: incenso, ceri, una bibbia da leggere al contrario e chissà quale altra stregoneria, sono gli ingredienti fondamentali e tipici del repertorio del buon satanista.

Fin qui, niente di nuovo, ma quel che allarma è il criterio adottato da questi strani personaggi per entrare in possesso di oggetti o beni che spesso vengono sottratti dai cimiteri e dalle chiese sconsacrate come i messali, le stole, i calici e perfino le ostie da profanare.

Quese pratiche, individuate sulla base dei resti di rituali documentati all’interno dell’ex ospedale sotterraneo di vico III Merello, rispecchiano le usanze del satanismo doc che crede nelle stesse configurazioni religiose del cristianesimo ma le rovescia, recitando al contrario le preghiere in latino, trasformando i versi del vangelo in bestemmie, procedendo nel rituale in tutte le azioni cerimoniali con una differenza fondamentale: porre il “principe delle tenebre” nella più alta sfera dell’adorazione per sostituirlo a Dio.

In questo modo le presunte “frange demoniache” cercano di potenziare anche incantesimi di magia nera contro eventuali nemici, assicurandosi perfino poteri magici per compiere azioni impossibili.

In quest’ottica assai particolare dominata dall’occultismo, rientra l’assunzione di droghe e di enormi quantità d’alcool che danno luogo ad atteggiamenti pericolosi e comportamenti autolesionisti.

A questo punto diventa chiara l’interpretazione dei messaggi lasciati dai bizzarri amanti della Cagliari underground, che nel corso di messe nere imbrattano le pareti, il pavimento e perfino la volta degli ambienti sotterranei con spruzzi di vernice rossa spesso contornati dalla scritta “Anatas”, che invece significa satana, o dal 666, il cosiddetto numero del diavolo. E’ il caso del tunnel trivellato dalla Marina militare intorno agli anni quaranta davanti a via Sirai.

La cavità si addentra nelle viscere del colle San Michele per oltre mezzo chilometro, a circa sessanta metri di profondità. In uno dei suoi cameroni ipogei che offrì riparo dai bombardamenti aerei a molti cittadini, è presente un’epigrafe con croce nera dipinta in ricordo di un giovane operaio che negli anni Cinquanta perse la vita durante i lavori per l’ampliamento del sotterraneo da adibire a polveriera militare.

Nei giorni scorsi, dalla cavità provenivano strani canti e così è stato in passato.

Intorno all’epigrafe che rievoca la disgrazia è stato collocato un rosario. Per terra si notano i lumicini consumati e sul muro sono comparse alcune croci disegnate al contrario: inconfondibile segno lasciato dai satanisti che ancora una volta, hanno agito indisturbati!

Marcello Polastri

http://www.sardegnasotterranea.org