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Il Forte Sabaudo di Sant’Ignazio a Cagliari

La costruzione del Forte di Sant’Elia, oggi conosciuto, seppur impropriamente, come Fortino di Sant’Ignazio, si avviò a partire dalla fine del 1792. L’esigenza di edificare una fortificazione in quel sito era stata avvertita fin dall’epoca del Viceré di Sardegna Vivaldi-Pasqua…

Sito a circa 94 metri sul livello del mare, il forte fu progettato dal Maggiore Aiutante di Battaglione, Franco Lorenzo, un ingegnere militare che, come illustrano i disegni eseguiti nel 1797 da Francesco Ari, basati su precedenti copie attualmente conservate all’Archivio comunale di Cagliari, s’ispirò ai principi della più moderna architettura militare di scuola Vaubaniana, concependo una fortificazione efficiente, dotata d’una potenza di fuoco eccezionale per l’epoca.
Tuttavia, tra l’originario progetto, per la cui esecuzione iniziale si dovette insistere parecchio, considerata l’estrema necessità difensiva determinata dall’attacco Francese verificatosi proprio a cavallo degli anni 1792 e 1793, e l’effettiva costruzione di quanto previsto sulla carta, la storia racconta che vi fu una grande differenza.

Infatti, a causa del ristrettissimo lasso di tempo intercorso a partire dal momento in cui furono incaricate le maestranze per la sua costruzione e l’effettivo battesimo del fuoco contro la flotta francese, complice anche l’endemica penuria di soldi che affliggeva le casse piemontesi, si diede corso solo ad una parziale edificazione della struttura, e tale è rimasta sino ai nostri giorni.

Il progetto prevedeva la costruzione, su una pianta pentagonale, di due torri casamattate agli angoli del prospetto Sud, con ambienti coperti con volta a crociera, ed un fossato che doveva correre lungo tutto il perimetro. L’ingresso al Fortino doveva essere garantito da un ponte levatoio sul versante nord-est, mentre la polveriera e la riserva d’acqua dovevano essere posizionate sul lato Sud.
Contrariamente a quanto previsto, come testimoniato da alcuni documenti del 1797 (oltre quattro anni dopo l’assalto francese), il Fortino non venne mai ultimato: solo una delle torri venne casamattata, il fossato non fu completato, mentre la cisterna non fu mai costruita.

Durante lo scontro con i Francesi, sia l’acqua, sia le munizioni provenivano dalla zona di San Bartolomeo, ove erano site la fontana, i magazzini e le polveriere. Dei cinquanta e più cannoni previsti per armare la fortificazione, non più di cinque o sei vennero colà trasportati e solo tre o quattro spararono realmente contro la flotta rivoluzionaria, nei mesi di gennaio e febbraio di quel 1793.
Piccole e ristrette guarnigioni furono di stanza nella fortificazione, rimasta incompiuta fino alla sua dismissione militare, avvenuta l’11 gennaio 1804, giorno in cui il Fortino divenne una succursale del Lazzaretto per il ricovero dei malati contagiosi. Il Lamarmora, durante i suoi lavori per l’istituzione del moderno catasto, posizionò sul tetto dell’unica torre casamattata del Fortino, un punto geodetico, ancora oggi visibile.

Durante la seconda Guerra Mondiale, il Fortino riacquistò importanza militare. Alcune fotografie dell’inizio degli anni quaranta, ci mostrano la postazione di un aerofono adibita all’“avvistamento acustico” dei temuti bombardieri alleati.
La storia del Fortino Sant’Ignazio, ancora oggi in attesa di un suo serio e definitivo recupero, nonché di una reale valorizzazione all’interno di un possibile parco storico-archeologico-turistico-monumentale, da situarsi nell’intera area del promontorio di Sant’Elia, annovera uno spericolato tentativo di restauro, effettuato tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta.
Si deve segnalare il tentativo, riuscito solo in parte, di consolidare una struttura che presentava grandi rischi di crollo definitivo, ma anche i non opportuni scavi alla ricerca di ciò che non venne mai costruito e l’incomprensibile svuotamento, oltre la pavimentazione naturale, del casamatto.

Foto: Andrea Gambula

Testi:

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