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Il comune di Mara e l’archeologia

L’importanza archeologica della zona è stata messa in luce dal 1969 per opera del parroco Don Loria che iniziò l’esplorazione della grotta Sa Ucca de su Tintirriolu.

Il toponimo Mara di origine preromana è sinonimo di palude o acquitrino. Il pendio su cui sorge il paese fu certamente frequentato in epoca preistorica, come testimonia la presenza nei dintorni di numerosi nuraghi e della grotta di Tomasu. L’importanza archeologica della zona è stata messa in luce dal 1969 per opera del parroco Don Loria che iniziò l’esplorazione della grotta Sa Ucca de su Tintirriolu. Le caratteristiche molto particolari dei materiali rinvenuti, (idoletti, incisioni di figure danzanti) persuasero l’esploratore a credere che si potesse trattare di luogo di culto, per cui si poneva il problema di individuare la sede residenziale della comunità. Nel 1978, le ricerche vennero riprese ed estese alla grotta di Filiestru. Esse si rivelarono di estrema importanza, poiché il materiale rinvenuto attestava l’esatta successione culturale del sito, a partire dalla fase più antica del neolitico (6000 a.C.) sino al periodo nuragico (1000 a.C), un arco di tempo di oltre 5000 anni.

Alla Sa Ucca de su Tintirriolu, la Bocca del pipistrello, si accede da una angusta apertura e si entra in una piccola stanza e poi un cunicolo introduce in una camera più vasta di m 20X5/6. Nel vestibolo dietro l’ingresso, che veniva chiuso con un grande masso girevole c’erano 5 stele, idoli che rappresentavano degli esseri sotterranei, gli spiriti della caverna.

Da questa camera si continua per un tratto pianeggiante per avere poi un sbalzo di circa due metri e un intrico di diramazioni secondarie. Seguendo la galleria principale in mezzo alle stalattiti e stalagmiti si arriva ad un ampio salone a circa 135 metri dall’ingresso. La grotta continua per circa 1 Km con cunicoli, strettoie e altre stanze e fra strapiombi e crepacci si sente il rumore di un torrente sotterraneo.

La grotta fu verosimilmente usata come abitazione nella parte anteriore e come profonda e le caratteristiche molto particolari del materiale ritrovato (idoletti, figure danzanti incise sul vasellame di ceramica) fanno pensare che fosse un luogo prevalentemente di culto, utilizzato specialmente dagli abitanti della grotta di Filiestru. Nella grotta si sono rilevati tre stati archeologici: quello più superficiale appartiene alla cultura MONTE CLARO, il successivo alla CULTURA DI OZIERI e quello più profondo alla CULTURA DI BONUIGHINU. Nella grotta furono trovati vari tipi di vasi e ciotole; lo strato di Bonuighinu conteneva oggetti litici (schegge di selce e ossidiana, accette, una spatola d’osso), di una decina di cm, a stile lanceolato, con il lungo manico che termina con una testa rotonda e tre fori che simulano una faccia umana; ceramiche liscie e decorate, resti ossei di animali e molluschi terrestri e marini. Il materiale rinvenuto si trova nel Museo Nazionale Archeologico G.A. Sanna di Sassari.

Tratto da http://www.comune.mara.ss.it

Vedi anche: La grotta sacra di Pirosu o Su Benatzu