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Banditi sardi: Barzolo Magno

Fra le tante storie di banditi, quella legata al famigerato Bartolo Magno, che nel 1422 si era arroccato con una masnada di briganti nel Castello del Goceano, è delle più curiose. In quel tempo, le truppe aragonesi, alleate col marchese d’Oristano e conte del Goceano Leonardo Cubello, erano impegnate nella riconquista di Terranova e Longonsardo, cioè Olbia e S. Teresa di Gallura.

Tutto il Logudoro, invece, con la città di Sassari era in potere della potente famiglia dei Doria e del Visconte di Narbonne.
Nessuno degli storici sa indicare con esattezza chi fosse questo Barzolo Magno.
Il Tola nel Dizionario biografico sardo lo presenta come abile guerriero, e non come bandito, che, approfittando della guerra in corso fra quei due rivali, s’impadronisce con la forza della roccaforte del Goceano.
Enrico Costa nelle pagine storiche sul bandito Giovanni Tolu lo dice “leggendario e misterioso logudorese, nemico dichiarato di Leonardo Cubello”. Lo chiama addirittura gentiluomo bandito e bandito gentiluomo – Proprio gentile pare non sia stato.
La sua tragica fine fa pensare alla figura dell’innominato dei Promessi sposi del Manzoni o ad uno di quei capitani di ventura che arruolavano gruppi di scellerati senza scrupoli, pronti alla rapina e al saccheggio.

Barzolo Magno dall’alto del castello scendeva coi suoi uomini a devastare e razziare le terre e le abitazioni dei goceanesi incutendo terrore in tutta la contrada. I paesani dei poveri borghi, cresciuti all’ombra del Castello, subivano impotenti ogni tipo di grassazione e di angherie, consumate dai suoi sbirri. I quali però, col passare del tempo e con l’assottigliarsi dei viveri, s’accorgevano che l’avventura del loro capo stava per avviarsi alla fine.
Leonardo Cubello, ricacciati i nemici della Gallura, pensa subito a stanare dal suo covo il prepotente e indomito Barzolo Magno. Con le sue milizie disposte a piè del Castello, Cubello stringe d’assedio i guerriglieri che resistono agli attacchi delle truppe arborensi.
Alla fine, quando l’accerchiamento si fa più pericoloso, i miliziani di Bartolo implorano la resa. Al suo netto rifiuto, i suoi mercenari si ribellano e trucidano senza pietà il loro capo. Sulle cinte delle mura sventolano la bandiera bianca, si arrendono e supplicano il Marchese Cubello di lasciarli uscire per tornarsene alle loro case. Termina così l’avventura di questo famigerato bandito o comandante di guerriglieri, trucidato dagli stessi soldati che aveva arruolato nella vana speranza di governare, forse come capo, la povera contrada del Logudoro.
Dopo la morte di Barzolo Magno, ricercatori di tesori o preti col libro degli esorcismi in mano s’avventurano a scavare gli anfratti del Castello. Ma a custodia “de su siddadu” ci sarà un altro personaggio, il misterioso Don Blas d’Aragona che lancerà vampe di fuoco sugli incauti ricercatori.

Tratto da “Voce Del Logudoro” del 18 luglio 1993 a cura di Giuseppe Maria Salis

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